povertà, miseria, sostentamento, falsi splendori

Posted By claudiobadii on Set 2, 2016 | 1 comment


Ma che vuoi che dica. Che il più bello sarebbe ascoltare cose meravigliose ma che poi l’ascolto di quelle cose, una volta arrivati all’appuntamento, è impossibile perché viene da dire: “Ma si, ma certo, e anche io infatti volevo dire…”

Ecco. Finita la magia. Rompiamo tutto anche non volendo. L’ansia comunicativa, il bisogno di sfamare la solitudine e il silenzio di anni, o quello che sia… vogliamo essere ascoltati noi. Dopodiché non sapremo mai più come sarebbe stato.

È che abbiamo segrete certezze da imporre sotto l’apparenza dell’avidità di ascolto. In un tumulto dell’animo ci disponiamo sulle seggiole di spettatori. Ma quasi subito il prepotente senso del dramma per il silenzio che ci aveva circondato impedisce che l’ascolto del discorso altrui continui perché esso si arresta a causa di un nostro imprecisato turbamento.

L’assenso immediato è diventato precipitosa anticipazione e cioè, in fondo, una barriera d’impazienza. Una improvvisa eccitazione ci tramortisce e, seppure il resto di quella rovinosa (mimetica) partecipazione possa anche svilupparsi in storia d’amore perché si vedono gli amanti (“Come potete negarlo!!?”) ardere di immediata passione…., non ne resta poi che smemoratezza: ad uno sguardo postumo e inutile si azzarda una valutazione clinica: certi amori non lasciano il raccolto, le messi di una crescita non perché è in corso un difetto di memoria ma per una scarsa presenza all’evento nel suo svolgersi a causa di quella mimesi che non presuppone conoscenza.

Così spensi occasioni promettenti.

C’è da dire che l’altra, a sua volta, non aveva niente da dire a me, seppure avesse molto da dire ma non ero io, non ero io ‘lui’. Questo è il guaio dell’empatia mimetica.

D’altra parte solo ora mi pare di poter fidarmi che quando non si ha più niente da dire si può parlare senza contemporaneamente voler prendere qualcosa.

Probabilmente il grande fascino dei sogni, la malia letteraria di un linguaggio destrutturato o che lieviti come un pane, la tendenza ad alludere cioè ad avvicinarsi come nulla fosse per poi possedere l’altro a partire dal cuore dei suoi errori ignorati, e più di questo (: e molto molto altro ancora !!!) stanno, tutte queste approssimazioni, in vista della povertà auspicabile di diventare come chi sa stare calmo di fronte alla mancanza cui le sue scarse risorse lo costringono.

Ora la giovane donna/mamma che spinge avanti il ragazzino sulla carrozzina, come un’avanguardia spianata contro le domande, viene accolta da una salva di sparì dalla prima linea dell’esercito del bar pronto alla guerra delle undici. Sono rumori senza suono.

Fa star male tutta questa luce vuota che accentua l’afa. E siamo ancora a settembre e la devastazione climatica non lascia sperare.

Ti penso amore mio e penso ai nostri silenzi avvenire. Quando non aver più niente da dire sarà aver capito che la povertà sa sostenersi e invece tutto questo chiasso bianco freddo è misero in tutto il suo splendore.

1 Comment

  1. Sono povera……..non ho più nulla…..sono rimasta nuda e sulla pelle della mia mente sento pensieri veri e vero è il battere del cuore o lo scorrere del sangue nelle vene…..adesso ho solo me…. con gli altri….e gli altri (alcuni) sono anche me……..non ho nulla da dire perchè parlano i miei occhi e questo corpo affaticato dall’età ma che ancora non ha nessuna intenzione di morire,,,,,eppure mi capita di pensare ad essa…….

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