quando si comprese come la scoperta della nascita fondò una scienza per la libertà

Posted By claudiobadii on Giu 22, 2015 | 1 comment


Dicevo ieri, o appena prima, che mi risulta evidente come il ‘soggetto’ abbia necessità di essere libero a causa della sua congenita imprevedibilità. L’io del soggetto ha specialmente la soggettività. Però non mi pare che ci si sia mai pensato abbastanza. Si parla assai ma a capirsi ci vuole che ognuno ascolti intanto quanto lui stesso sta dicendo. Capirsi è capire ognuno se stesso essendosi presente. Non dico conoscersi in termini socratici perché quella è un’illusione per farsi belli dei filosofi. Dico scoprire come è buffo ‘essere’. Che essere può essere causa di allegria per via di quell’io tanto osannato per le sue pretesa coerenza e incorruttibilità anche e soprattutto nel ‘male’. Il quale io invece resta, da altri punti di vista, generalmente e principalmente impreparato a sé.

Vedo galleggiare di luce riflessa sulle onde mosse dal maestrale l’ingenuità del progetto che si scrive sulla carta intestata dell’Impresa Futuro.

Questi giorni mi ripeto che ‘bisogna’ nascere per volere il diritto alla disuguaglianza e rifiutare la costrizione all’equilibrismo egualitario. La psicologia è scienza del soggetto. Non è una morale cui l’io viene consegnato in custodia. A causa del fatto che l’io resta generalmente impreparato a sé esso deve godere dello statuto di libertà e la psicologia -che è scienza dell’io- deve essere necessariamente scienza dei gradi di libertà che al soggetto sono essenziali. La psicologia può parere, detto così, una scienza ‘in forma’ di poesia: invece, una volta escluse pretese etiche o giuridiche, è un nucleo duro di definizioni accurate di singole sfumature che bisogna riconoscere per rendere tollerabile alle donne e agli uomini l’impreparazione costituzionale del soggetto degli uomini e delle donne. Il soggetto dunque resta ‘centrale’ nella riflessione antropologica portando con sé la propria caratteristica di essere evento di ‘frontiera’.

Le parole della psicologia dovranno trovare suono di flussi elettromagnetici, forma di trecce lunghe di capelli di uomini e donne. Saranno, tali beltà, corone di aglio sulla porta contro il vampiro: la morale che essendo una legislazione deve restare esclusa dalla psicologia. L’etica giuridica è indispensabile alla promulgazione delle leggi che devono separare le libertà dagli obblighi per garantire gli ambiti della scienza psicologica. La scienza psicologica, una volta liberata da valutazioni morali, si occuperà  della natura libertaria del soggetto cercando, per le definizioni dei gradi infiniti di gioia e dolore, gli stessi elevati standard di approssimazione che sono necessari per le misure dei fenomeni del mondo esterno all’io e alla relazione.

La psicologia, che danzi o si nasconda tra rocce, è essa per prima una forma di pensiero teso alla libertà.

1972 – IDMEC (*) – mf(**). La vita dopo la nascita è differente dalla vita senza la nascita. I più lamentano una estenuante sensazione di mancanza di libertà. Non si sa attualmente quanta parte della psicologia sia venuta a conoscenza di IDMEC. È possibile, in caso di tale esclusione, che quella parte della psicologia reagisca in termini giuridici e non psicologici all’evento del parto e distrugga o danneggi involontariamente (!!!) con stime di ragioneria, la soggettività sbilanciata dell’io appena nato, la maschera viva del clown-ragazzino che viene al mondo.

È peraltro attualmente assai difficile dire, coi termini usuali, una scoperta e le conseguenze dirette della scoperta: essa stessa, con un linguaggio precedentemente sconosciuto esprime la sua proposizione teorica, e sembra privare di ogni legittimità l’ordito di nessi tra storia cultura e lessico che stavano alla base dei linguaggi precedenti. (***)

Intanto. Tutti si entusiasmano a lodare, gridando sommessamente come schizofrenici manierati, la ‘vita’. Ma l’immagine di che sia la ‘vita’ non va al di là del riferimento certo all’attimo della potenza riproduttiva dello zigote. Servono il prete il farmacista il sindaco il medico condotto e il barbiere a riunirsi ogni sera per prendere una decisione in merito alla comparsa dell’umanità prorompente del neonato pochi attimi dopo la sua venuta. La vita umana non è stata ancora identificata con la emergenza del pensiero umano alla nascita.

Ma scrivono ipotesi o impongono decreti. E non sapere della nascita dell’io alla nascita sottrae al bambino la sua connaturata soggettività e lo espone alla pedagogia che è un corpo di norme capricciose e contraddittorie. La psicologia, dopo questo annullamento di IDMEC, è rimasta essa stessa una pedagogia: non una scienza della libertà ma uno strumento di conformità e legittimazione puramente giuridica di un soggetto privato del sé. Dunque ufficialmente essa psicologia può solo insistere ad esistere. A tentare la vita. A NON esserne tentata.

(*)Istinto Di Morte E Conoscenza (1972, Roma)

(**)massimo fagioli

(***) si vedano le altre opere del medesimo Autore presso ‘L’Asino d’Oro’ Edizioni

1 Comment

  1. Si può dire e si deve anche dire allora che certi modi di usare ed intendere le parole così come il fare un certo tipo di ricerca in psicologia non hanno a che vedere con la libertà di una ricerca.
    Non mi sento in un certo senso libera da tempo, mi viene da dire, e ce n’è finita lì in mezzo di rabbia, di disperazione.
    Fare le cose, ‘fare’ addirittura la pigra contadina, l’odio per non riuscire a comprendere. E poi ancora, la ricerca che si opponeva a tutto ma in fondo (alla fine) c’era sempre il medico che parlava di nascita.
    ‘’Non ne ho una. Credetemi. Vi dimostro che è importante, che è importante per me! Che mi sento morire, credetemi. Guardate. Leggete, venite con me… Di vita si muore, non lo hanno anche scritto?’’.
    L’ultima cosa che mi sono messa a fare è iscrivermi proprio ai due anni di magistrale in psicologia.
    Lo confesso, ora… per odio mi sono iscritta.
    E ora posso confessarlo, perché posso e voglio dire che non è libertà quella di una ricerca che non fa ricerca su nascita, vita e morte. Non è ricerca e non c’è libertà nello scegliere (il libero arbitrio) di non vedere quanto da decenni la scienza psichiatrica è riuscita a raggiungere con la scoperta sulla genesi e fisiologia del pensiero.
    Non è ricerca, non è libertà oggi fare psicologia come la si fa nelle istituzioni.
    Ai limiti… a me interessavano i camici bianchi dei medici. Lo stetoscopio intorno al collo, i capelli arruffati di chi attraversava la corsia dopo il turno di notte. La psichiatria dentro la stanza di psicoterapia. I racconti del medico di come fa il medico. Questa mi sa di ricerca. Ricerca per curare, e il curare per fare ricerca.
    Ho un corso da ultimare e ora come ora non sento più il bisogno. Se io mi stia curando pervicacemente dall’odio non lo so, l’ho pensato però.
    E penso che la faccenda della libertà sia un’urgenza. Per me, Noi. Per misurare i gradienti di gioia e dolore, quantomeno. Per liberarmi finalmente della richiesta altrui di libertà… che non comprendo.
    Non comprendo più.
    Non comprendo più che non si comprenda… e si deve essere liberi di dire che certi modi di fare ricerca sono pensieri violenti per quanto stupidi, finalizzati soltanto a rendere schiave le persone dal momento in cui vengono alla luce.
    Troppo?
    Sì… troppo… esagero sempre quando scrivo, esagero sempre quando amo, e in fondo anch’io posso liberamente ammettere ora che le lettere più belle che io abbia mai scritto avrei voluto che venissero scritte a me.
    Posso dire di essermi amata tanto, allora.
    Per il resto, mi serviva appena un bagliore di luce sull’acqua marina, un odore di sale e pane, il luglio dei primi giorni in cui sono nata e le passeggiate tra i cori delle cicale che mi hanno raccontato da grande. Un’ora di pineta. Un canto per regalarmi ancora oggi tutto un universo che vado a disegnare sul contorno degli occhi altrui. Mi basta poco.

    ‘’Anch’io sai che…’’

    ”Sono io”.

    Il riverbero.
    La risonanza.
    L’immagine diceva: C’era una ragazza seduta al piano. Un concerto. Musicisti ‘veri’, un ragazzo alla tromba alto e sottile come un filo guidava camminando tutti gli altri. E lei così bella, sorridente. Aveva anche un nome. Poi arriva il finale. E lei, che non aveva usato il pedale di risonanza, quasi per rimediare all’imprecisione della propria esecuzione, usa l’effetto del riverbero sulle ultime note. C’era bisogno? mi chiedo.

    Ora.
    Si può essere storditi dopo una giornata come questa, quando si è deciso di andare per i campi a ripulire i filari degli ulivi sotto al sole, con l’odore pungente del finocchio selvatico nel naso, il falco che vola alto e ramingo sulla testa, il fagiano colorato che attraversa la siepe di rovi. Si può essere storditi in una notte come questa, ma ho lasciato l’odio a casa, con il libro di Pedagogia sperimentale e statistica accanto. Mi serviva per recuperare gli articoli sul terzo pedale dei pianoforti, l’effetto del riverbero e metterli insieme alla faccenda della libertà che mi toglie il sonno. I primi due anni di vita e di pensiero dalla nascita in poi. Elettromagnetismi e la scoperta della nascita che ha succeduto di 67 anni quella sulla relatività ristretta.
    Andare avanti procedendo tra i filari.
    Di quei due anni, successivi al momento in cui la luce ha colpito la retina, si misurano con il linguaggio di cui oggi siamo o non siamo capaci i gradienti di due vicende prettamente umane: amore e separazione.

Submit a Comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.