quanto stava nella mente

Posted By claudiobadii on Mar 10, 2017 | 0 comments


Requiem.

Quando Amleto dice a Orazio “ci sono più cose in cielo e in terra di quante ne immagini la tua filosofia ” in realtà dice che la filosofia era un sistema per non immaginare, dato che poi abbiamo realizzato cose che in cielo e in terra non ci furono mai.

Al contrario tu mi dicevi: “Stava nella mente, prima di essere composta, capisci? La musica stava nella mente!”- e mi osservavi per assicurarti che capissi e io vedevo la tua angelica chiarezza – “Non si sa che forza e che ferma passione avessero in animo mentre quella musica, che era esattamente loro stessi, veniva su. Io non vedo”- affermasti-“nessuno a cui parlassero: li vedo solitari quei compositori, che cantavano i loro fuochi, i loro zampilli di fumi e fanghi sulfurei, e i loro sottili fili di seta tutto intorno: intorno a loro immagino solo disperato stupore. Disperato perché subito, tutti quelli raggiunti dal suono, comprendevano che chi incanta il mondo di imprevista bellezza è irraggiungibile …”

Così una mattina sinfonica noi con il sole di giugno, noi da soli, tu chiarezza ingenua e occhi spalancati su me, io trottarti a fianco contento, per una volta, di te, io contento di te nel tuo sguardo che accompagnava le tue parole, tu contento di me che non esitavo, io vedere la solitudine profonda nelle cose tue certamente, pensai, mai potute dire a nessuno.

Pensai che avevi voluto un figlio per avere un giorno almeno un testimone della tua intimità. Per un amore essenziale e magro, prima delle eventuali esagerazioni. Un tipo fidato adatto a un giorno come quello che lungo una spiaggia ascoltai i tuoi primi ed ultimi singhiozzi musicali.

Oggi alla lezione di “teatro matematica cinema e musica” lo spazio si piena di successioni armoniche come il pavimento di un tempio arabo disseminato di forme geometriche uguali. Nella aritmetica delle tassellature riconosco uno tra gli schemi ricorsivi del pensiero ideativo originale e progressivo. Un pensiero clinicamente riconoscibile sano, libero dai conflitti. Fu presente nelle tue parole quando restammo soli: adulto distratto dalle tue pene ed io meno tirannico del solito: io che mettesti al mondo, ne sono certo, in attesa di giorni adatti a consegnarmi la tua vita segreta in un momento.

Tu sei adesso ricordato e dunque io ti riprendo in me e poi con grande calme prendo in me tutte le persone che amo che popolano il pavimento dei giorni attuali: tutti posso chiamare angelica chiarezza di passi silenziosi: pulizia delle orme nette sulla sabbia: sabbia fragile e indurita in sottili sfoglie di onda.

Oggi, dopo sempre, la vita, profumata della pasticceria di quella tua confessione di solitudine non priva di sensibilità, mi diventa un manicaretto mattutino: il gusto riconoscibile della tua eredità non più dispersa.

So che fu una musica di requiem che sussurrasti allora con largo anticipo di decenni prima che fosse indispensabile. Vidi bene che ti acquietasti. Anche a me la fronte si spianò alle tue parole. Auspicio che la quiete della tua crisi preparava. La crisi del padre fu la speranza: ebbi di fatto acquietamenti di mie successive furie ormonali che consegnai ad una breve decisiva serie di carezza di donna esperta. E tu finalmente nella crisi avesti pace vedendo che non ebbi niente da obiettare. Che tutto era entrato nella mia mente e lo spazio tra noi per una volta si era liberato da ogni ostilità.

Stavo con il padre in assenza della madre. Io feci il pensiero che, se fosse capitato che una lei non ci fosse vicino a me come io fortemente invece desideravo, si sarebbe potuto dunque transitoriamente confidare nel cuore talvolta buono delle figure maschili. Che non dovevo disperare. Che si può sbagliare e andare avanti.

Nel film “Amadeus” di Milos Forman, Mozart, sul letto di morte, detta a Salieri la composizione di un commiato che è grazia e potenza di una restituzione. Fino alle soglie della vita Mozart rende chiara la definizione della propria capacità di fare sempre la bellezza adattandola in modo assoluto alle occasioni necessarie. E pensavo che quella mattina fosti tu il genio e che io dovevo scrivere quel dettato. Era nella mente da sempre quella tua musica prima di venire fuori dirigendosi verso di me.

Ora ho differenti modi di vedere: so che il pensiero alla nascita nascosto e muto prima del primo respiro, è l’io che pochi istanti dopo si muove, col suono, verso le cose sconosciute.

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