Posts Tagged "desiderio"


le tue mani quando pensano la musica e mi riempiono di desiderio

Ora che le preferenze musicali hanno virato dalla parte inattesa di TE
– posso fare boccacce scuoterti senza offenderti.

studio paragrafi nuovi al suono del piano e del violoncello
-del suono del piano mi piace l’immagine che crea delle tue mani più abili e affusolate di quanto sono in realtà

questo determina l’incredulità sull’inferno e il pentimento.
-non si deve esagerare a proposito della potenza del reale

per esempio le parole scritte hanno un suono anche se i segni delle lettere sui fogli non producono alcun suono.
-per esempio la solitudine non è inutile: essa serve a capire

il suono che ha questa musica è differente dal suono delle parole
-il suono che ha questa musica ha l’immagine delle tue mani agili e affusolate

esse sono più agili e affusolate di quanto non siano nella realtà
-questo suggerisce che la realtà non è vera quando metto insieme la musica del piano e il movimento delle tue mani

l’agilità e la forma delle tue mani come risultano al piano sono differenti dalla forma e l’eleganza così come sono
-Il suono del piano altera la figura delle tue mani come si forma nella realtà biologica dell’encefalo per la percezione.

le preferenze musicali hanno virato dalla parte inattesa di TE
-la  musica del piano che non ha il suono delle voci ha l’immagine delle TUE MANI che è la verità.

restiamo attorno al fuoco di questa immagine: al freddo di questi tempi  c’è questa povertà differente da sempre che ci sospinge gli uni tra le braccia di tutti gli altri
-senza criteri

ci sono le aree del suolo pubblico, nella strada di fronte ai bar, piene di gente
-questa gente è inebetita di felicità perché finalmente non ha più niente da perdere

la verità di questa miseria dignitosa non è la realtà di essere indigenti come siamo
-è la realtà di essere sospinti gli uni tra le braccia di tutti

la verità non è la realtà
-non sempre c’è il suono della voce anche se c’è l’idea del suono di una cosa nella mente

le cose nella mente non corrispondono sempre alla realtà di un oggetto percepito
-qualche volta o addirittura molto spesso non c’è alcun oggetto percepito

c’è l’esigenza della generazione di un suono
-la necessità di creare una parola per una cosa che non c’è mai stata

in quei casi la verità è una realtà che deve arrivare
-la felicità alla banchina sui binari al treno di TE

che illumina il mondo dal suo fondo
-dal punto di fuga dove gli occhi si sono conficcati per l’infinito desiderio.

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santificare le feste


Posted By on Ott 20, 2011

 

santificare le feste

C’è una relazione non immateriale tra lo svolgimento del pensiero e il movimento del corpo nello spazio. Figlio senza la croce e vita umana senza destino. Un tuffo orizzontale trai palazzi colorati. La traversata del canyon marino costiero. Il pensiero verbale delle parole coscienti si costruisce sullo scheletro dell’immagine della nascita che rimane fino alla fine. Sei immediatamente a mia disposizione al solo pensiero. L’oltre è a portata di mano. Noi siamo natale.

L’icona maschile ha l’azione della lesione e dell’omicidio. La realtà non iconica della figura femminile si pensa che contenga il segreto dell’articolazione complessa dei movimenti del desiderio. La realtà non iconica della figura femminile, lasciata libera, si dice che possa mostrare la relazione non immateriale tra lo svolgimento del pensiero e il movimento del corpo nello spazio.

Il movimento del desiderio è idea di estensione di una figura chiara l’estendersi della longitudine trai luoghi geografici delle figure degli amanti lontani che copre distanze smisurate rendendo l’ignoranza una dimensione di nascita e il tempo una certezza.

E’ pensiero il desiderio di una voce femminile che sappia leggere le cose scritte quando il silenzio si somma all’immobilità del corpo poiché la scrittura si esaurisce insieme alla coscienza delle parole pensate….

L’oltre è a portata di mano. Noi siamo natale. Ricordati di santificare le feste.

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mai più soli


Posted By on Set 24, 2011

mai più soli

Ho provato continuo a provare…perché non sempre se si nasce si verrà uccisi…” ricreo a memoria certe parole scritte che leggevo ascoltando la voce che non c’era e adesso devo rifarmi da solo la voce per non perdere quella immagine che era l’intelligenza di un tempo che non finisce ed è così che resto un fiero lottatore e non mi vergogno della mia arrogante pretesa…tu non stancarti mai !

(*)il filmato che ho ‘rubato’ è qui

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le sere con l’aria addossso


Posted By on Apr 17, 2011

le sere con l’aria addossso

…resta a lungo le sere con l’aria addosso sulle braccia nude, e le parole che vengono su dalle punte delle dita fino alle spalle e al centro del torace, che sotto contiene i bronchi e solo parte del cuore, la curva del ventricolo destro, non di più. L’arco esterno del ventricolo destro si spinge oltre i bronchi verso la linea mediana ed ha molto a che fare con il respiro, in più è sostenuto dal diaframma e galleggia, fluttua su e giù, mettendosi sottosopra insieme a noi ad ogni sospiro. Le sere in cui si resta lungamente vicini hanno a che fare con l’anatomia e le funzioni della biologia, e con le spinte degli organi interni, quelle delle contrazioni cardiache e le due differenti spinte del respiro una sussultoria del diaframma e una trasversale, che insieme dilatano il volume del tessuto alveolare. L’aria addosso, il buio, il profumo, le palme delle tue mani, le risa e i pianti dei ragazzini e i papaveri nascosti nel grano fanno, da fuori e da ogni parte, una spinta differente .

L’aria esterna spinge la superficie cutanea, le estremità delle dita, le labbra al gelato di crema, i delicati incroci con mani delicate, i corpi resistenti dei cercatori sui monti dove nascono i fiumi, i loro sogni tragici sulla fine del mondo, i loro sogni felici sulla vittoria della battaglia e le immagini incomprensibili delle fantastiche immersioni nella pancia dei galeoni. L’aria esterna tiene sotto la sua pressione variabile le figure, l’orizzonte, il deserto, i cammelli, i guerrieri, questo spazio sconfinato, e la superficie senza ombre della steppa e  infine l’aria come una mano si accalca – che ha il disegno esteso dell’io altrimenti insondabile dell’uomo e della donna – intorno alla pelle del viso, delle dita successivamente fino alla pelle al sapore di gelato sui polsi e sulle braccia, dove distrattamente abbiamo lasciato gocciolare la crema densa e fredda che spumeggia al vertice del cono croccante. Il mondo intero – cadendo precipitoso da ogni parte del cielo – alla fine spinge su due gocce di sangue esplose silenziosamente nel microcosmo della linea tra la pelle forte del volto e la delicatezza del labbro inferiore.

Il sangue è perché c’è scappato un morso, per tacere e non rivelare il tuo nome che stavo per pronunciare – mentre leccavo con l’eccitazione di una fiera la montagna dolce – quando sei spuntata, tra la gente accalcata intorno alle vaschette gelate del distributore della menta e della panna, al momento meno opportuno. Sono corso alla cabina di legno e acciaio e rimasto accucciato nella scia bianca della barca che beccheggia al terremoto del respiro traverso e oscillante. Ho preso carta e penna poi tento un discorso vago sulla vitalità di base che non ha immagine,  sulla variazione dello stato fisico della biologia che le corrisponde ed è prima del pensiero. Sul pensiero che deriva dalla realtà materiale, dopo che essa ha acquisito la vitalità che è definitiva e irreversibile caratteristica umana di non rimanere inerte agli stimoli indifferenziati dell’aria esterna, della luce, del calore e del freddo cui opponiamo poi per sempre, fino alla fine, la costanza della scrittura senza un oggetto e l’invenzione di un amore di ragazza cui esprimere focosi dubbi, inutili gelosie, e invidie possenti. Metto insieme sostantivi ed aggettivi, femminile e maschile, creazione e decostruzione, per trascrivere la pressione dell’aria e del buio sulla pelle e gli occhi, la gradevolezza il profumo i veleni i ginepri amari, gli allori e le albicocche, il ginger assoluto, l’acuto di pino tra palato e faringe.

Tutto questo per reagire al sangue esploso sul labbro inferiore, all’incidente quasi mortale di un giorno senza te, alla disgrazia di un movimento freddo senza spine appena tiepide almeno, all’ingiustizia modesta e felicissima del mio desiderio pop, alla mia voglia postmoderna di noi come creme gelate dense e fredde. Il labbro aveva sanguinato perché eri comparsa all’improvviso, e l’aria esterna piena della tua figura densa e profumata aveva sussultato e spinto con grande pressione, cosicché io ero diventato poco significativamente romanzo di formazione e visione del mondo e tutta la cultura letteraria all’acqua di rose delle nostre aule scolastiche si era riversata addosso alla camicia di lino immacolato che siamo noi nella mia mente, e mi ero ritrovato con fregi delle isole tropicali sul torace. Dalle labbra appena sanguinanti tornavo all’inizio, a rotolare sul terreno di una anatomia e una topografia romantiche, all’umanesimo scientifico del cuore nel petto, alle olimpiadi acquatiche in cui tutti nuotano – finalmente agili nella mia illusoria rappresentazione – nel volume di un pensiero alla crema e cioccolata al caffè e ai frutti di bosco, nel mar rosso del pensiero di sangue e di profumo, nel mare vociante delle strade africane di questo attuale confuso risorgimento, in quel mare di poca imprevista allegria di rivoluzione cenciosa, che le piatte ragionevoli analisi degli accademici occidentali – quelli dell’impossibilità assoluta del desiderio – non avevano saputo prevedere.

Tutto si è svolto in poche battute delle nostre vite: la mia di cui sono testimone e certo anche la tua, seppure tu – nel corso dello svolgersi di questi pensieri – non sei mai stata qui se non nella traccia di un ricordo di una sera dell’estate scorsa. Questa ricreazione di noi  è una dimensione di attività umana, la tanto indagata vitalità che lega funzioni diverse per creare una profondità adatta a sentire la densità del tempo, per non lasciare la linea delle cose senza immagini ridotte a figure geometriche piatte come l’ombra degli obelischi, quando anche i palazzi delle accademie proiettano superfici scure di fronte alla nostra annoiata perplessità, nei giorni in cui siamo costretti a misurare il tempo seguendo nella polvere la rotazione delle ombre senza la potenza del volume. L’attrazione gravitazionale di tre gocce di sangue sul labbro fuga i fantasmi e conferma il passato:

” …la ricreazione di te nel ricordo ha il voluminoso significato del buio alla crema… “

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è una pittrice di strada


Posted By on Mar 13, 2011

è una pittrice di strada

Dipinge in strada, nel tempo. Su quello che c’è già. Ha un coraggio, dato che su quello che c’è già nessuno scommette mai gli occhi. Come sulla spina invisibile sulla schiena della strega nessuno posò lo sguardo. Ipotesi, rischi a proposito di quanto c’è da sempre ma.

Ha lo snobismo dei lucchetti e in antipatia l’altro snobismo urticante che ha i lucchetti in odio. Non ha motivi. Il tempo è una ‘ragione’.  Ha occhi impenetrabili di chi rischia tutto su quasi nulla. Indossa scarpe rosse da ballerina classica sull’acciaio tagliente del bordo dei marciapiedi.

Lei è sempre stata una faccenda di sguardi e di movimento delle mani in aria. Questo famoso ‘sguardo’ è una strana realtà: particolare perché non è da nessuna parte.  E’ nella mente come parola. Anche il movimento è strano.

Noi e i nomi sono tutte cose nella nostra mente. Ci sono poi molte cose fuori di noi. Certe cose fuori di noi, tuttavia, sono solo il suono della voce che dice le idee che potrebbero anche restare per sempre silenziose.

La mente dà il nome alle proprie idee poi dice la parola e l’idea diventa esterna. Per il tempo che dura il suono della parola, l’idea fluttua nell’aria. Poi muore. Sparisce quando la vibrazione si spegne. La pietra scagliata prepotentemente si perde nella notte.

Le cose della natura sono strumenti. Ben altro è quando le sue mani sono intrecciate alle mie. Io amo: inconsolabile. Il suo profumo, che esiste, non posso prenderlo. Lei la mangerei. Mangiare lei non è retorica: è creatività del pensiero astratto.

Le pietre perdute nella notte è perché c’è una difficoltà degli occhi nel buio. La biologia ha limiti precisi. Le parole – il suono delle idee – quando spariscono nell’aria – non è per il buio. E’ per l’assenza umana. Assolutamente difficile concludere.

“,,, l’assenza – che non sia irreperibilità delle cose della natura,- è violenza a causa di un difetto d’amore…”

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