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il filtro evenescente e le biomasse

Il filtro evanescente della piccola fotocamera determina riproduzioni illusorie. L`alterazione della realta` esterna fa la figura dell´immagine mentale. Ho la foto di qualcosa che non raffigura alcuna realta`corrispondente nel mondo esterno. La mente agisce sulle cose e crea quello che non c`e`.

La ricerca e` la scoperta dei mezzi indispensabili di azione e movimento nel mondo cosi`si genera continuamente. All´opposizione verso l`idea di un io che media tra l´es e il mondo esterno, il pensiero attuale e´ un canto rivoluzionario che corre sull´asfalto d´argento, tra campi di mais e pale eoliche. La creazione continua dell´io costruisce questa terra in espansione.

Nel rapporto con le rigogliose spighe le mani affondano tra i semi – da sfarinare per il pane – nella percrezione delle figure di due ragazzi che si confondono con il colore del baldacchino arancio chiaro e violetto del campo infinito di granturco. Le poche parole e le esclamazioni ammiccanti, e ogni accoglienza riuscita sono fasi di un parto in questa nazione che si e` trasformata in una sala di ostetricia.

Il mondo umano ha mani potenti nelle smorfie fonetiche, negli sforzi incomprensibili quasi sempre che ci rivolgiamo a vicenda con questi indigeni alti e chiarissimi. Si nasce dunque tra spigoli di panno e grugniti di comprensive simpatie, e abbiamo facce perplesse nuove: la bellezza dei volti non ha parametri d´arte nota.

La natura umana dei rapporti tra gli elementi della figura non ha i gradienti della ricchezza e del potere. In questo paese, tutto gia` orientato alle energie alternative, noi, provenienti da un sotto-proletariato dello sviluppo non sostenibile, siamo biomasse sode in costante discussione. Qui la bellezza e` calore, la passione sta nel fuoco muto al fondo della caldaia.

E tuttavia io posseggo la fortuna della natura mia e negli occhi la stanchezza brucia via quando lo sguardo, che seguiva i profili della antica casa del poeta, cade giu` al richiamo di un nome: l´io fa il saltimbanco e il pagliaccio che cade ma mai piu` in ginocchio. Cade poi non muore piu`.

La nascita ha possibilita` di portare gli inermi fino alla stazione eretta. I muti al linguaggio articolato. La ricerca curando ricrea il pensiero: e` generazione continua di senso sotto forma di durate di affetti senza alcun vantaggio. Il ragazzino sbuca fuori dall`arancuio e il violetto delle nuvole dei giganti.

Gli amici che ci hanno spogliati e messi a dormire portano cornetti e caffe`: sono i corni del dilemma solito, amare o non amare? Ricomporre il candore del lenzuolo sui genitali o sorridere lasciando cadere gli ultimi pudori dal corpo bianco dell`ignoranza per la gratitudine che siamo `uguali` ?

La speranza e` la certezza della rivoluzione in un mondo dove il gotico delle cattedrali risplende addosso a donne che sono campanili bruni di bellezza. Penso alla follia del desiderio nella mente dell´uomo che esercita l`arte medica: invece di fuggire cerchero` dunque la mia identita` nella passione dello sguardo.

Posato sulla figura femminile gia` sparita mi costringe all`idea dell`ombra sul muro. Ma non sara` solo interesse erudito per la storia: è anche una profonda tristezza per la bellezza scomparsa appena adesso. E` noto a chi si occupi dei modi della  vita umana la nascita ha possibilita`:

di portare il pensiero all`azione sociale. La ricerca ha da tempo trovato che l`immagine e` lavoro di generare continuamente senso sotto forma di tempi variabili e durate differenti. La riflessione sulla vita intera e` la mano che adesso stringe il lembo di uno straccio di storia.

Cure e scoperte scientifiche scivolano via di fronte alla potenza di aver creato una lontananza con lo strapotere dei denari per il cibo e la benzina indispensabili al viaggio. La scieza politica si e` innestata nella cattedrale svettante dell`amore: dato per scontato da quasi tutti. Ma c`erano guglie salvate oltre il letto imperiale delle nuvole.

Ho teso quassu` il cavo di acciaio, ho fondato il regno del ghiaccio nel cielo che guarda il nord  Con i piedi forti di acciaio sulle corde della traversata. Tengo la nudita` sulla porta come un insulto in `volgare` che dura un momento soltanto e sparisce: come la follia del piacere. Nella mente la percezione cosciente.

Di un corpo bellissimo di donna che ha consentito la distrazione dalla ricerca sulla genesi ignota del desiderio per l`immagine interna. E allora forse la sanita` torna solo nella frase che non e` proprio pensiero verbale cosciente. Perche` e` suono che nell`amore dell`orgasmo perde il suo preciso significato.

Le parole possono essere un canto rivoluzionario nel campo di granturco al centro di una cultura morente.

“HASTA SIEMPRE !”

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il pensiero balena e l’invenzione impressionista

L’irrealtà del nulla può essere percepita, seppure non stimoli il sistema nervoso centrale attraverso i fasci di fibre sensitive. Chiamiamo vitalità quella qualità specifica della biologia che coglie quanto non ‘dovrebbe’ poter essere colto, poiché non si configura come oggetto. Le frasi sono pesanti nella loro chiarezza. In un giorno di sole, nei quadri impressionisti,  i corpi di donna si muovono lungo i viali macchiati dalle ombre delle foglie larghe dei platani, e sembrano leopardi distratti, mentre noi ci immaginiamo uomini della savana in grazia di convivenza nel Paradiso Terrestre. Le macchie di leopardo compongono ‘essere’ e ‘non essere’ della luce sulle camicette: ma non è ancora in gioco la vitalità profonda, l’essenziale specifico della natura umana di cogliere l’irrealtà del nulla distinguendola dalla realtà fisica del pensiero. L’ombra è una assenza, come lo scavo da cui si è estratto l’albero con tutte le sue radici. Posso vedere l’assenza, immaginare, nell’incavo nel terreno, radici profonde e profumate di terra: posso colmare il vuoto. Ma il vuoto è differente dal nulla.

Suonavamo insieme, tu avevi idee da esprimere con la musica. Io ero tutto preso dalla vicenda che si genera ad ogni nota. Ai tempi innumerevoli più che alla storia melodica. La musica, ora posso dirlo, non era una priorità. La priorità era il tempo, la saga delle onde di ogni singola nota, il destino di ogni  inizio, la psicologia momentanea dei pigmei nella foresta, e, insomma, la lirica delle contingenze ininfluenti dell’oltre frontiera. Non si coglie tutto sensibilmente. Ogni suono prima o dopo muore. Il rumore potente della motrice zittisce i grilli nella prateria. Mi interessava quanto era dopo quel silenzio: la vita segreta della materia fisica lungo la linea i cui punti segnano l’esaurimento dei fenomeni. Avevo – avrei potuto avere a cuore, pensavo tristemente – il disappunto silenzioso dei grilli zittiti dagli sbuffi e dai rombanti soffi di vapore contro tutto, contro i cieli e le spighe e i papaveri e il profumo di pane del forno del paese. Mi stringeva il cuore il silenzio degli innocenti, mi stava a cuore la linea di partenza del silenzio, l’inizio della terra nuova, non l’al di là di questa terra: che finisce sempre nella mia ricerca. Mi stringeva il cuore l’alba dei giorni di riposo, amavo la densità dei corpi che reclamavano di voler finire di fare tutto quello che stavano facendo. Avrei voluto fondare – forse fui ad un passo dal farlo – i Sindacati a Difesa della Declinazione. Fondare la Società Segreta dei Sostenitori dell’Alba: non oltre. Mi appassiono – nella ricerca in cui la terra sempre si esaurisce in favore della propria esultante frontiera – alla misteriosa origine del segno del ramo sulla sabbia, alla corsa fino alla linea della scrittura delle parole.

Non ho interesse – l’ho avuto – per il latente, perché diffido delle metafore, mentre mi spingo al fascino, a quanto definisco l’evidenza di essere risoluti a lasciare le cose del mondo sul foglio. Lasciarle per sempre così come stanno, legate all’inchiostro, alla china del pennino graffiante: mute e potenti, rassegnate a nient’altro che a sé medesime, indistruttibili. Mi pare evidente un nesso tra la scrittura e il sonno profondo senza sogni. E’ un modo della vitalità questo diffondersi del pensiero sulla linea definita dai punti dove ogni nota musicale, ogni grillo canterino, ogni pigmeo, ogni aborigeno, cessano il canto, l’energia della emissione acustica, la veglia affaccendata, il moto oscillatorio senza fine apparente, la poetica dei fenomeni fisici obbedienti a invisibili leggi.

L’indimenticabile poesia dell’umanità della specie, dopo ogni pensiero, dorme. Nello stesso modo disegna parole all’amato: “…ti amo” – dice sulla lettera – …”e questo è tutto.” aggiunge. E (non)(?) muore. Penso che nel mondo della dialettica del pensiero il punto in cui si coglie l’irrealtà del nulla susciti il gesto dell’immediato silenzio e della pazienza differente. Non della musica ancora, non ancora dell’incorrotto amore. Quando entra l’amore il modo dialettico della relazione si interrompe. È allora che nasce l’immagine. Tra l’inutilità storicamente evidente di molto precedente affermare, e quella (in)decisione a salire, con la voce, di diversi toni: fino all’acuta protesta dei grilli e del loro indignato arrestare la descrizione del campo da destra a sinistra, da cima a fondo e noi dentro. La parola più adatta, per adesso, ad accostarsi alla realtà della vitalità, è ‘affetto’: una azione diffusa non localizzata. L’ affetto, il modo dell’affetto umanamente inteso è notte dei grilli, arresto di mondi, confine di terre e universi di senso, grammatica inaugurale, movimento di pensiero che reclina e riposa. E’ il passo nel fango, la frustata del remo nell’acqua corrente delle rapide, il guizzo della trota nell’acqua notturna, il salmone che cade nella barca, sei tu che resti incredulo per quella generosità del destino cui non credi, sono i tre numero sognati che ti fanno ricco, sono i sogni interpretati da uno scienzato sapiente che ti ha salvato la vita.

Sei la casa col tetto a tre punte che spunta dalla linea del bosco sopra le cime dolci dei castagni ed io sono il settimo dei figli, l’ultimo, il più amato, quello di cui tutti si sono fidati, quello che hanno lasciato libero.

Cercare, scoprire, trovare il pensiero, la verbalizzazione e poi scrivere per ultimo gesto prima della fine. Confidare che sarà comprensibile che non si nasce nel dominio dei diritti e delle pretese, ma nei cerchi nel grano, nell’inspiegabile accettazione, creando l’esistenza altrui, la nostra speculare disponibilità. Tracce della nascita si ritrovano nel saper scrivere senza esitazione: “Le masse emarginate e sottomesse, al cospetto dell’irrealtà del nulla della mentalità dei dittatori, realizzarono il sonno profondo…. ” Sulle cime fredde e lucide, nel ventre caldo degli avvallamenti: il pensiero è una balena. Dalla sommità delle torri si vede l’universo in espansione, gli infiniti spazi immaginati da Giordano Bruno contro l’irrealtà del pensiero divino, in opposizione alla religiosità dell’adorazione del nulla, contro la parzialità della creazione meschina di mondi numerabili e finiti.

Noi stiamo al mondo tra moltissime cose ma il soggetto dell’affetto è ‘inizio’: perché nel pensiero lo spazio non esiste e la gerarchia è erroneo credere.

‘Io’ sarò comunque il tempo in cui cominciai ad amarti. Tu forse sarai quella che dovrò aspettare per sempre. Senza posa.

Le masse emarginate e sottomesse al cospetto dell’irrealtà del nulla della mentalità dei dittatori, realizzarono il sonno profondo. I mastini fucilieri non ebbero il cuore dell’omicidio: c’era un dubbio che quel sonno profondo senza sogni fosse qualcosa di mai del tutto compreso. Per amore di scienza vinse la rivoluzione. La disobbedienza degli assassini determinò la fuga del gerarca con l’intera famiglia. La profonditò della materia sognante è la forma non violenta della lotta e della resistenza. La vitalità dell’immagine che sa restare per sempre senza figura somiglia in maniera perturbante ad una promessa d’amore…”


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la metà del mio cuore


Posted By on Mag 15, 2011

 

la metà del mio cuore

” Se qui c’è la metà del mio cuore, dottore, l’altra metà sta in Cina, nella lunga marcia verso il Fiume Giallo, e poi ogni mattina dottore, ogni mattina all’alba, il mio cuore lo fucilano in Grecia. E poi, quando i prigionieri cadono nel sonno, quando gli ultimi passi si allontanano dall’infermeria, il mio cuore se ne va dottore, se ne va in una vecchia casa di legno a Istanbul. E poi sono dieci anni dottore, che non ho niente da offrire al mio popolo, niente altro che una mela, una mela rossa, il mio cuore. E’ per tutto questo, dottore, e non per l’arterosclerosi, per la nicotina, per la prigione, che ho quest’angina pectoris. Guardo la notte attraverso le sbarre e malgrado tutti questi muri che mi pesano sul petto il mio cuore batte con la stella più lontana.” ( Nazim Ikmet – “Angina pectoris” )

C’è oscurità sulla retina, le palpebre abbassate, se volessimo sapere il contenuto di pensiero di oggi non sarebbero figure costruite dalla sensazione ottica, sarebbero necessariamente immagini, condizioni fisiche della biologia libera da stimoli esterni. Oggi è una nuova foto assai scura per confessare che non sappiamo cosa abbia nella mente una nazione intera, ma che qualunque cosa sia è originato da un’idea del sogno che si legherà alle sensazioni della coscienza al risveglio, e farà un pensiero e una decisione che nessuno può realmente conoscere. Oggi come sempre sapremo solo tardi il pensiero attraverso l’esame cosciente delle decisioni prese da ognuno. Nella mia mente una cascata di lucciole in un angolo della semisfera del cielo il resto ignoranza. Cerco gli istanti buoni, i momenti di felicità per iniziare, ed è sempre più difficile di questi tempi stare bene, perché sempre di più risulta chiara l’impossibilità di sapere perché molte cose nel modo di pensare di una nazione sono andate come sono andate, e si deve sempre più spesso constatare la prevalenza dell’odio. Filosofi, politici, letterati, pensatori accreditati, dicono da molto tempo dell’origine dal nulla – dicono affermandolo con sicurezza cosicché si avrebbe modo di credere che il nulla esterno all’uomo sia il rilievo di una scoperta scientifica del pensiero umano – ma se si cerca di approfondire si evidenzia che il nulla esterno all’uomo è una credenza, e non una scoperta scientifica, e si può addirittura affermare che -al contrario- è la conclusione di un errore di pensiero che non sa esercitare al proprio interno la differenza tra figura ed immagine e che non la può esercitare perché non la sa: forse non si è mai preoccupato di saperla. Al contrario è comprensibile a tutti che la figura è per stimolazione fisica della retina e solo l’immagine è pensiero per cui siamo tutti in grado di capire la poesia che dice ‘…la mia ragazza è il mondo….’ In quell’ambito della ricerca si può azzardare una genesi del nulla: esso non deriva dalla stimolazione dei sensi che è impossibile per assenza dell’oggetto fisico in grado di agire sugli apparati sensoriali, e invece è certamente immagine e creazione umana. Dunque la sanità è non temere il nulla ed essere in grado di ‘lasciare’ il mondo delle figure emergenti alla coscienza stimolata dalla realtà del mondo fisico esterno, e dormire, o rifiutare la realtà materiale delle cose nella faccenda circostante la rivoluzione. La vitalità è la fisiologia della biologia della materia cerebrale umana: essa si è rivelata -unica nel panorama della natura delle creature viventi- in grado di realizzare la realtà mentale della propria ‘storia’. Noi sappiamo, in qualche modo, la necessità di non annullare le vicende del signolo e della società successive all’azione della lotta rivoluzionaria contro sistemi politici e condizioni sociali insopportabili. Noi -soli- sembriamo in grado di salvare il concetto di storia, anche riguardo alla vicenda interiore delle variabili condizioni mentali conseguenti a gesti decisivi di insofferenze e impavide ribellioni, a carico delle persone piene di odio e del pensiero filosofico che fa del nulla una realtà da cui deriverebbe ‘tutto’.

C’è oscurità sulla retina, le palpebre abbassate, e se volessimo sapere il contenuto di pensiero di oggi, non sarebbero figure costruite dalla stimolazione ottica: sarebbero necessariamente immagini, condizioni fisiche della biologia in assenza di stimoli esterni. ‘Nulla’ in tal caso è realtà di immagine che faccio quando inizio a scrivere ‘ …amore mio…’  nel mezzo della agitazione allegra di un mondo di suoni e balli disordinati. E’ gioia del pensiero dire che l’immagine ‘nulla’ è creazione mentale e massima espressione di una sana vita psichica che denuncia ripetutamente la confusione tra il nulla e ‘nulla’ . Il nulla come ‘origine’ proposto dalla cultura è una falsa scoperta scientifica, che propone una realtà di inesistenza materiale fuori dall’uomo e vuole confonderla con il pensiero che è esistenza di una realtà non materiale dentro l’uomo. Sulla corteccia del salice cui giorni fa ti eri appogiata nel baciarmi resta evidente l’impronta dell’assenza di te che non fa paura perché è realtà di pensiero per distanza d’amore, certezza che ‘nulla’ è materia di fantasia che ricrea te come realtà del ricordo.

C’è oscurità sulla retina, per via delle palpebre che sono distese sugli occhi, e sapere il contenuto di pensiero di oggi non corrisponde a figure costruite dalla sensazione ottica, e saranno necessariamente immagini corrispondenti a certe indeterminate condizioni fisiche della biologia, quando si libera, per il sonno o la distrazione, dalla dittatura degli stimoli esterni. Come sempre, alla base di ogni movimento delle persone, saranno le attività del pensiero a realizzare anche oggi giorno di elezioni, le decisioni imprevedibili che faranno la volontà popolare. La volontà popolare farà gli equilibri di poteri violenti che stabiliranno i limiti entro i quali si articolerà per anni la nostra vita e in sostanza le nostre possibilità di essere felici o infelici nel mondo. Per queste implicazioni tra pensiero e realtà bisogna fare la ricerca sulla differenza tra figura ed immagine, per denunciare la natura delirante dell’idea del nulla come fosse la verità rilevata da una prassi scientifica. Prima di procedere a perseguire con determinazione le decisioni a proposito degli esseri umani la scienza politica e le scienze sociali e filosofiche, e chi si occupa dello statuto scientifico delle prassi umane e dei metodi che sostengono tutte le affermazioni culturali, dovranno occuparsi di quella distinzione. Comprendere la differenza tra vedere le figure per stimolazione della retina, e pensare le immagini che è una creazione del pensiero -che solo successivamente si lega alla figura durante la veglia e la vita cosciente e può cambiare la nostra percezione del mondo- e che comunque può sempre originarsi dalla realtà della biologia cerebrale in assenza totale di stimoli esterni. Nella ricerca della demarcazione tra figura ed immagine si genera la possibilità di comprendere come la biologia umana sia dotata di una propria specifica qualità, una vitalità che consente che nell’uomo possa nascere l’idea del ‘nulla’ che esprime la potenza della fantasia, la pienezza del pensiero di fronte al vuoto fisico esterno e al vuoto psichico interiore di chi potrebbe essere impazzito.

Oggi traccerò una crocetta sopra un simbolo, e la X proporrà di nuovo la pretesa irrazionale del mio rifiuto insieme alla certezza di non sapere nulla di ciò che accade nella mente delle persone accanto a me. Per un attimo farò il ‘nulla’ sulla rassegnazione, su tutto quanto si opporrebbe ragionevolmente alla pretesa di trasformare la mia vita e quella delle persone che amo attraverso un segno grafico tracciato su un marchio colorato. Ho la certezza del dolore se prevarrà l’odio, come accade sempre quando l’odio si oppone a qualsiasi possibilità di fare la ricerca. Posso continuare a resistere perché so che il nulla esterno all’uomo non è una scoperta scientifica e che il pensiero umano deve essere ancora riconosciuto nella scoperte che hanno chiarito la sua origine e natura, ed è evidente che ci siamo inventati parole per dire le immagini di cose che sono dentro di noi e non derivano da alcuna percezione di una realtà esterna.

Traccerò una crocetta su un marchio colorato con la certezza senza ragione che vale la pena agire di fronte al vuoto fisico e alla miseria psicologica che si è determinata in una nazione. Può accadere che uno, di fronte al vuoto fisico e all’assenza psichica, non riesca sempre ad opporre la propria immagine e che sia preda di una angoscia per quella mancanza di vitalità: è l’angoscia della nostra impotenza a reagire con una immagine alla assenza di oggetto -fisico o soprattutto psichico- che viene poi proiettata all’esterno come idea dell’esistenza del nulla. Quel nulla è irrealtà di pensiero che viene proiettata fuori di noi dentro la realtà di inesistenza suggerita dallo spazio vuoto. Ma può essere pensato un ‘nulla’ differente: la creazione di una realtà di immagine esistente come pensiero umano, tanto più potente quanto maggiore è il vuoto fisico e psichico percepito cui si oppone. Quell’immagine di potersi oppore alla confusione trova il suono della voce che pronuncia la parola ‘nulla’ per sfuggire alla impotenza del pensiero quando non deriva dalla affettività indispensabile alla ricerca.

Traccerò una crocetta sopra un simbolo, farò ‘nulla’ delle ragioni di una inutilità di quel gesto dopo che le cose da troppi anni vanno come vanno, e sarà come in un giorno di molti anni fa quando le presi la mano ed ebbi l’impressione che ‘nulla’ più esistesse  ma non fui preso dall’angoscia.

(*) la foto del presente articolo : Tina Modotti, Ragazza messicana, 1929. (diritti: Letizia Argenteri, Tina Modotti. Between Art and Revolution, Yale University Press, 2005)

 

 

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le sere con l’aria addossso


Posted By on Apr 17, 2011

le sere con l’aria addossso

…resta a lungo le sere con l’aria addosso sulle braccia nude, e le parole che vengono su dalle punte delle dita fino alle spalle e al centro del torace, che sotto contiene i bronchi e solo parte del cuore, la curva del ventricolo destro, non di più. L’arco esterno del ventricolo destro si spinge oltre i bronchi verso la linea mediana ed ha molto a che fare con il respiro, in più è sostenuto dal diaframma e galleggia, fluttua su e giù, mettendosi sottosopra insieme a noi ad ogni sospiro. Le sere in cui si resta lungamente vicini hanno a che fare con l’anatomia e le funzioni della biologia, e con le spinte degli organi interni, quelle delle contrazioni cardiache e le due differenti spinte del respiro una sussultoria del diaframma e una trasversale, che insieme dilatano il volume del tessuto alveolare. L’aria addosso, il buio, il profumo, le palme delle tue mani, le risa e i pianti dei ragazzini e i papaveri nascosti nel grano fanno, da fuori e da ogni parte, una spinta differente .

L’aria esterna spinge la superficie cutanea, le estremità delle dita, le labbra al gelato di crema, i delicati incroci con mani delicate, i corpi resistenti dei cercatori sui monti dove nascono i fiumi, i loro sogni tragici sulla fine del mondo, i loro sogni felici sulla vittoria della battaglia e le immagini incomprensibili delle fantastiche immersioni nella pancia dei galeoni. L’aria esterna tiene sotto la sua pressione variabile le figure, l’orizzonte, il deserto, i cammelli, i guerrieri, questo spazio sconfinato, e la superficie senza ombre della steppa e  infine l’aria come una mano si accalca – che ha il disegno esteso dell’io altrimenti insondabile dell’uomo e della donna – intorno alla pelle del viso, delle dita successivamente fino alla pelle al sapore di gelato sui polsi e sulle braccia, dove distrattamente abbiamo lasciato gocciolare la crema densa e fredda che spumeggia al vertice del cono croccante. Il mondo intero – cadendo precipitoso da ogni parte del cielo – alla fine spinge su due gocce di sangue esplose silenziosamente nel microcosmo della linea tra la pelle forte del volto e la delicatezza del labbro inferiore.

Il sangue è perché c’è scappato un morso, per tacere e non rivelare il tuo nome che stavo per pronunciare – mentre leccavo con l’eccitazione di una fiera la montagna dolce – quando sei spuntata, tra la gente accalcata intorno alle vaschette gelate del distributore della menta e della panna, al momento meno opportuno. Sono corso alla cabina di legno e acciaio e rimasto accucciato nella scia bianca della barca che beccheggia al terremoto del respiro traverso e oscillante. Ho preso carta e penna poi tento un discorso vago sulla vitalità di base che non ha immagine,  sulla variazione dello stato fisico della biologia che le corrisponde ed è prima del pensiero. Sul pensiero che deriva dalla realtà materiale, dopo che essa ha acquisito la vitalità che è definitiva e irreversibile caratteristica umana di non rimanere inerte agli stimoli indifferenziati dell’aria esterna, della luce, del calore e del freddo cui opponiamo poi per sempre, fino alla fine, la costanza della scrittura senza un oggetto e l’invenzione di un amore di ragazza cui esprimere focosi dubbi, inutili gelosie, e invidie possenti. Metto insieme sostantivi ed aggettivi, femminile e maschile, creazione e decostruzione, per trascrivere la pressione dell’aria e del buio sulla pelle e gli occhi, la gradevolezza il profumo i veleni i ginepri amari, gli allori e le albicocche, il ginger assoluto, l’acuto di pino tra palato e faringe.

Tutto questo per reagire al sangue esploso sul labbro inferiore, all’incidente quasi mortale di un giorno senza te, alla disgrazia di un movimento freddo senza spine appena tiepide almeno, all’ingiustizia modesta e felicissima del mio desiderio pop, alla mia voglia postmoderna di noi come creme gelate dense e fredde. Il labbro aveva sanguinato perché eri comparsa all’improvviso, e l’aria esterna piena della tua figura densa e profumata aveva sussultato e spinto con grande pressione, cosicché io ero diventato poco significativamente romanzo di formazione e visione del mondo e tutta la cultura letteraria all’acqua di rose delle nostre aule scolastiche si era riversata addosso alla camicia di lino immacolato che siamo noi nella mia mente, e mi ero ritrovato con fregi delle isole tropicali sul torace. Dalle labbra appena sanguinanti tornavo all’inizio, a rotolare sul terreno di una anatomia e una topografia romantiche, all’umanesimo scientifico del cuore nel petto, alle olimpiadi acquatiche in cui tutti nuotano – finalmente agili nella mia illusoria rappresentazione – nel volume di un pensiero alla crema e cioccolata al caffè e ai frutti di bosco, nel mar rosso del pensiero di sangue e di profumo, nel mare vociante delle strade africane di questo attuale confuso risorgimento, in quel mare di poca imprevista allegria di rivoluzione cenciosa, che le piatte ragionevoli analisi degli accademici occidentali – quelli dell’impossibilità assoluta del desiderio – non avevano saputo prevedere.

Tutto si è svolto in poche battute delle nostre vite: la mia di cui sono testimone e certo anche la tua, seppure tu – nel corso dello svolgersi di questi pensieri – non sei mai stata qui se non nella traccia di un ricordo di una sera dell’estate scorsa. Questa ricreazione di noi  è una dimensione di attività umana, la tanto indagata vitalità che lega funzioni diverse per creare una profondità adatta a sentire la densità del tempo, per non lasciare la linea delle cose senza immagini ridotte a figure geometriche piatte come l’ombra degli obelischi, quando anche i palazzi delle accademie proiettano superfici scure di fronte alla nostra annoiata perplessità, nei giorni in cui siamo costretti a misurare il tempo seguendo nella polvere la rotazione delle ombre senza la potenza del volume. L’attrazione gravitazionale di tre gocce di sangue sul labbro fuga i fantasmi e conferma il passato:

” …la ricreazione di te nel ricordo ha il voluminoso significato del buio alla crema… “

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onestà e rivoluzione


Posted By on Mar 10, 2011

onestà e rivoluzione

Quando persino gli amici più cari vengono a raccontarmi il loro dolore per un immeritato disavvenire perdo ogni superbia, se ne avevo. Forse dovremmo darci da fare per mettere le cose per il loro verso. Penso all’onestà come ad una favola rivoluzionaria.

Il tendone degli artisti costeggia la biblioteca tra pile di libri come palazzi. Io immagino torrone liquirizia storia e idee alla panna. Vado là a cercare la maturazione dei nomi di ogni cosa, da leccare, poi, sulla punta delle dita di una trapezista.

Indispensabile la sensibilità, perché il tumulto e’ corpo alla crema, e stanotte contiene la sorpresa di un travestimento. La sensibilità è attenzione e cioccolate da scambiare. Uno sfoggio di nobiltà a buon mercato? Ecco qua: “Riconoscere i propri limiti nell’ordine delle cose e’ una benedizione.”

In realtà ero qua già da un pò di tempo. Tu eri l’indubbio pensiero di adesso. Intanto ho lucidato il tendone dalla parte scura della luna. Ora avanzi sul piano della mia emozione. I tuoi fianchi. Io -se provo ad alzare gli occhi- il tuo viso e’ linee. Linee. Di nuovo.

Da una modesta ma dignitosa tempesta, arriva l’aria delle parole mosse dai tuoi passi sul filo. Le parole sono molto meno certe, nel gioco. Eri la’ : alla speranza, all’incrocio, sui tacchi alti da artista di strada. Il tendone? E’ lucido della mia allegria. Tu.

Ho nascosta, eccola qua, una memoria di tulipano per inaugurare il varo. Colpire il fianco alto della caravella in odore di altro e pepe. Per quello che posso pensare l’emozione e’ una generosa garanzia e una pretesa. E allora, adesso, doppio salto mortale, sorriso e alla fine a te gli occhi.

Io seguivo tracce nel mare. Abbi cura della mia deriva, che mi porta sempre un poco a sud del dovuto. Mi affascina lo spettacolo delle tue dita alle prese con lo scorrere delle ore. A volte ti offendo provando ad immaginare. Poi arrivi.

Si nuota sotto la mano di un tempo voluminoso e pieno: scivolando sotto il palmo facciamo muovere il mondo. Io devo scoprire molto più di quanto la mia superbia autorizzi. Il bilanciere è la linea dei tuoi occhi per resistere in equilibrio sul vuoto.

Indietro non si torna non e’ dis-significanza. E’ una licenza impoetica, la scoperta della rana toccata dal destino. L’incantesimo che il principe era un ranocchio e le parole solo pensieri. E parlare è tacere con armoniose alternanze. E tu ed io singhiozzi muti.

Se io sapessi appena un grammo, di questo impegnativo monte di cioccolato che e’ leggere le tue parole, sarei re del Vicolo Principale. Mi esercito: nell’universo prismatico del tempo apprendo le durate. Quella della parola ‘notte’ per adesso.

Sulla sella delle parole eccomi. Senza comando l’equilibrio si acuisce. Se poi tu. Possiamo di certo. “Se Poi Tu” : una buona linea di fondazione per le rimesse degli alianti. Capannoni grandi di legno e sabbia per ricoverare i dispersi. Poco più che ali smisurate.

Il tempo sempre attimi ma ora con meno indecisione. I rimandi diventano un po’ più di niente. Le frasi erano scritte. Tu. Avvenire. Una mattina nel buio dello spettacolo. Il nero dei caratteri è quanto resta dell’imprevidenza. Il bianco e’disporsi a te.

Il tempo e’ una traccia addosso che spinge le dita di panna a percorrere un idea sulla pelle e creare nella mente il profilo di ‘ridere’ e ‘cantare’. Leggo le tue parole e imparo. Puoi non crederci. Confido che mi lascerai rubare.

All’inizio ‘non capivo’. Ho messo in atto frasi brevi della durata di un respiro. ‘La mia misura’ ho pensato. Non voglio capire tutto. Voglio il cappuccino con la nuvola di panna con un ombra di casta ignoranza. E che tu sia il caffè. L’insonnia eccitata.

Non c’eri già più e con un inchino soave ho finto d’averti comandato io di sparire. E’ allora che ho realizzato il pensiero senza corpo della parola ‘onestà’. E’ rivoluzionario non trasformare in odio le vertigini della solitudine quando te ne vai.

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