Posts Tagged "vitalità"


la raccolta delle rose


Posted By on Apr 1, 2016

La piuma e la pietra senza peso nella geometria dei giardini aerei. I frammenti nelle chiome di cometa. Viaggio nella storia della scienza. La stanza dell’ambulatorio è un’astronave.

Le mani dei piloti si aprono nel sonno. La destra per prima. La sinistra si apre seconda. Come sboccia un paracadute. Come una sorella paziente e tempestiva.

Terrazza sul precipizio. Incoscienza di alpino. Gli asini ridenti lungo le mulattiere. Facce della pazienza che servirebbe. Che non si possiede mai intera.

Nel sonno si mostra. Sul palmo della mano che si apre. Raccoglie la piuma e la pietra che scendono insieme. Si sogna.

I piloti. Di riportarci a casa. I chirurghi. Di salvarci la vita. Di incidere con la mano pilota. Di fermare il sangue con carezze e tamponi con l’altra.

Le tue mani. Senza peso nel giardino. Una accarezza la rosa porpora. L’altra recide il gambo viola-azzurro. I colori colti dagli occhi in un rigo di sangue. Le rose al seno.

Le due mani stringono già il gambo della rosa successiva. O sono code di una cometa. È una mietitura o la storia sintetica della cosmologia?

Sei tu qui accanto? Sei quella che sempre regala la vitalità della pazienza?

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Mi chiedo se sia possibile formulare una ipotesi e poi riposare.

Riposare fidando in una auto/medicazione.

Durante il riposo.

Le qualità nutrienti del pensiero che aveva formulato l’ipotesi si diffondono su noi.

Premiano il lavoro della fantasia.

Il sonno felice.

Ingenua (incosciente) riflessione su un giorno superfluo.

Gli studi di neuro/fisio/psicologia confermano.

Il sonno dei giusti è il solo efficace.

Neanche fossero la Bibbia: il tipo peggiore di sonno è quello dei disonesti.

(Anche, purtroppo, degli afflitti da sensi di colpa immotivati).

Leggo che secondo Lessing ‘..la ricerca della verità è più preziosa del suo possesso’.

Una frase inutile.

Un invito onesto alla rinuncia del possesso definitivo.

Il buon riposo.

L’onestà è intelligenza.

Confida nelle conseguenze di azioni che non portano nulla.

Solo -eventualmente- convergenti su mete condivise con amori sconosciuti.

Che ci navigano lontani.

Amori di cui possiamo rifocillarci.

Alla lunga.

Alla distanza.

Misteriosamente.

Ci assecondano e ci legittimano.

Esistono tangenti di quiete alle curve di deriva dei viaggi lunghi.

Sogni insoliti durante le traversate.

Il corpo in equilibrio su un filo.

Un capo legato oltremare.

Il pensiero del domani è vago.

Le onde non mostrano la mappa delle terre emerse.

Il giorno di un viaggio non ha alcun margine.

Aspetta.

Tenuto dal sonno da cui la coscienza si alza la mattina.

La vita vigile ha memoria del riposo.

Protegge la vitalità.

La perdita della vitalità è fatale.

Si muore a causa del disordine della termoregolazione.

La vitalità ci porta nel buio.

Ci fa chiudere gli occhi per dormire.

Senza la vitalità il buio è una cosa che arriva.

Impossibile a credere.

Allora, non si sa come, la vitalità ci fa chiudere gli occhi.

Fa sparire la coscienza.

Un tuffo ci evita di morire di terrore.

È così da sempre.

Da che abbiamo memoria di noi.

Il sonno è coraggio che ci nasconde le cose.

Il risveglio è meno vitale.

Porta il movimento.

Per periodi brevi.

Segmenti spezzati di veglia.

La coscienza vigile debole com’è deve sempre riposare.

Il sonno aspetta sempre.

Potente.

Sicuro.

E noi torniamo sempre.

Pensiero e raggiungimento sono sulla strada.

La strada è chiara.

Consapevolezza.

Coscienza.

La strada è un segmento spezzato.

Una scrittura di chiaro e scuro.

Ombre e luci sotto la dittatura del sole.

Il corpo ha la vitalità per non cedere alla ripetizione della natura.

Si addormenta e sarebbe meglio che non lo facesse.

Si sveglia e potrebbe continuare a disconoscere la freddezza del mondo.

Dicono: la fame.

Ma l’urgenza deve essere un’altra.

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stagnazione politica


Posted By on Ott 14, 2015

Una valanga di illegalità infradicia i passanti senza scampo. Nell’aria acquitrinosa una mosca primordiale microscopica macchina della febbre che si moltiplicherà inarrestabile: vola goffa schiantando ogni goccia di pioggia che incontra. La palude è chiusa in alto nascosta. Escludono il cielo tralci fitti infarciti di uova di zanzara che aspettano di schiudersi per liberare miliardi di versioni del soggetto autistico: ognuno si sa si ammala a suo modo. La politica che congela in fondo alla palude manda del proprio ghiaccio in aria aghi, deliri, sincopi, accumuli di pensiero, contrattempi, decreti e fatalità ulteriori che non pensavamo possibili. È una nuova malaria imprevista la febbre prende quelli che erano liberi ai tempi prima che l’ironia diventasse irreversibilmente cinismo.

La scoperta della vitalità dice che essa è una funzione derivata dalla trasformazione della carica libidica del feto durante la vicenda perinatale. Bisogna intendere che la traccia di una persistente omeostasi di calore e quiete, vissute dal feto nell’indifferenza della biologia intrauterina, sappia escludere ogni conseguenza dell’improvvisa scomparsa, durante il parto, della precedente realtà ambientale. Essa, la neutralità omeostatica, diventa invece la funzione mentale del neonato che si oppone alla turbolenza esterna senza subire alcun trauma. L’acqua era fuori a stimolare progressivamente la pelle e mantenere la temperatura necessaria. Le sensazioni relative a tale stimolo esterno davano forma alle connessioni neurali fini a che quella forma diventa per la maturazione delle strutture anatomiche una ‘traccia’ che consente una funzione della mente che appunto è detta ‘vitalità’.

Essa non ha una rappresentazione però si è detto che appena si realizza, al parto, consente un soggetto (Io) e un suo primo pensiero: una certezza. Non c’è traccia di un trauma della nascita.

Senza tale trasformazione, in effetti, al contrario, la nascita non c’è. Freud poté affermare che la nascita non ha l’io, non avendo potuto pensare la vitalità. Restò solo un bambino leso dalla nostalgia.

Se oggi possiamo opporci alla politica e alle numerose forme dell’autismo che si incontrano nella politica e in certi ambienti sociali, se non ci si ammala della febbre della palude, se il volo di sciami di mosche bagnate non ci dispera: è forse per la vitalità. Essa è soltanto suono di un’idea: che si può restare quieti fino a quando arriva la forma di vita di cui mai abbiamo avuto esperienza ma di cui siamo certi.

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una ricerca difficile


Posted By on Giu 27, 2015

Che sia la macchia scura dove devo riconoscere il viso dell’amata che però risveglia tutte le ombre attorno alle linee che devo estrarre per trarla alla coscienza e offrirle il linguaggio verbale: la difficoltà. Che ne avrò da raccontare: la difficoltà. Un libro intitolato: la difficoltà.

Si era sempre opposta l’ombra alla luce. Si era sempre giocato con l’opposto che definisce l’opposto, il bene nell’appartamento a schiera accanto al male e l’alto a dirimpetto del basso e l’amore al piano sottostante la morte. Troppo facile a pensare. Millenni di cultura per esporre queste cose stupide e violentissime…

La macchia scura contiene le linee pulite del suo viso le ombre dell’incavo degli occhi e i rilievi carnosi delle labbra di lei la mia amata che è il giardino delle delizie il canto dei canti il cantico dei cantici il suono sacro dei venti afosi il sudore del tempo spremuto dai monti giù dai quali un anno rotolò una valanga di grovigli leggeri che mi parvero lana odorosa delle capre ma non si trattava di quello: la difficoltà.

Troppo facile che fosse lana di capra ma niente che valga la pena è facile la macchia scura contiene i batuffoli di pensiero odoroso e se sembrava lana era perché odorava di latte allora sono deglutizioni del latte tracce nella gola del passaggio di lei in me del suo latte in me del suo respiro cantico dei cantici attraverso la trachea sopra il cuore fin dentro il torace nelle borracce dei polmoni che servono a traversare il deserto.

Il deserto è spendente perché non ha strade secondarie (come il tempo) si può morire di deserto senza accorgersi di morire si muore di tempo per la dolcezza del tempo che però (la difficoltà eccotela quando meno te lo aspetti) non puoi portarti dietro ‘niente’ che quel ‘niente’ che dice il suo essere ‘diverso da niente’ sarebbero uncini che strappano il tessuto delle cose dell’amore e riverberano il canto alterandone la trama mentre essa andava come un pellegrino fieramente alla fonte.

Il caso va alla fonte torna nel tempo la musica torna sempre nella fisica del ‘vuoto’ in aria senza echi la macchia scura d’ombra conteneva prima delle linee di lei il canto e prima del canto l’idea di altezza e di gocce in vortici con odori e suoni senza eco quasi che tutte queste cose di natura così intimamente ‘fisica’ portassero alla mente l’architettura della stanza ostetrica come se tutte queste cose con la loro ricchezza di esistenza fisica priva di una forma opprimente definissero l’idea di ‘traccia mnesica’ che poi Qualcuno avrebbe nominato quasi ‘creato’ tirandola su dalla propria gola o lasciandola franare allegra giù dalle gole dei monti tra pensieri distratti o traverso le guglie delle Basiliche Bizantine di Laguna mentre passeggiava a traverso appena fuori del manicomio veneziano.

Venne l’aria quasi appena dopo la luce cantico dei cantici di due cose senza forma perché uno possa chiamare cantico dei cantici la nenia della ricerca scientifica sull’energia imprigionata nella materia e sprigionata dalla materia.

“C’era una funzione legata alla materia della ‘pulsione’. C’era un’altra funzione legata alla materia della ‘vitalità’. La funzione della vitalità aveva la medesima natura fisica della funzione della pulsione.”

Da anni parlavamo della natura fisica della realtà psichica ma poi ora lo sguardo ha abbracciato la formula dell’energia che si sviluppa da una modesta perdita di materia quando si separano i costituenti del nucleo atomico poi tutto si trasforma in luce poi la luce si diffonde colorando l’aria poi l’aria prende vita di fronte ai miei occhi la notte che calando il buio si illumina il cielo dove era il sole ma una stella è energia/ricordo sul balcone di marmo disomogeneo della materia oscura e per questo lo psichiatra nell’attimo che distoglie lo sguardo d’interesse sul paziente si chiude in se stesso rivolto all’oscurità del proprio tempo attuale e decide l’immagine del sogno ricorrendo per un istante alla concretezza della propria realtà materiale alla aratura tiepida delle aree cerebrali che alimentano la vita fisica del pensiero che immediatamente vola in linguaggio verbale.

“C’era una funzione legata alla materia della ‘pulsione’. C’era un’altra funzione legata alla materia della ‘vitalità’. La funzione della vitalità aveva la medesima natura fisica della funzione della pulsione”.

Qualunque fosse il pensiero inconscio trovi svegliandoti un cammello beige che galleggia leggero sull’orizzonte dei lenzuoli ed ha una natura fisica che ripete l’idea del pensiero che diventa luce.

La ragione da ora non soffrirà la sete mai più.

La natura materiale della massa cerebrale determina la formazione del pensiero che non perde mai il legame con la propria origine ma non si può parlare d’altro che della materia, al pensiero, resta la natura fisica priva di massa ponderale. E a causa della dissennata velocità che caratterizza il suo svolgersi non si può far altro che provare a parlarne rassegnati all’inconcilibile dissidio tra una velocità di quel genere e l’inerzia riflessiva che al pensiero si vuole attribuire.

Comunque stiano le cose, dalla materia dei sogni di cui noi stessi tessiamo la trama tra sonno e giorno, al risveglio la coscienza deve mettere insieme le parole del proprio pensare in maniera che non nascondano la vita materiale della mente. La realtà materiale è la culla della vitalità e della pulsione che, in assenza di luce e coscienza, fulmineo, il pensiero attraversa ogni giorno, più volte in un giorno, ogni ora e più volte in ogni secondo di ogni ora per fare… il pensiero!

Liberato dalla massa ponderale della biologia viene dal buio e dall’indifferenza degli ammassi cellulari tinto e rovente di attriti. Siamo lontani dalle ipotesi semplicistiche del primo momento della ricerca: che attualmente si evidenzia assolutamente difficile.

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tuoni e fulmini


Posted By on Giu 25, 2015

Diario di bordo, Mercoledì, 24.giugno.2015

“Come se, in quanto definiamo ‘immediatezza’, la vitalità e la pulsione condividessero un incontro fulmineo con il ‘tempo’ (intendo proprio quello fisico non quello psicologico) non potendo dunque, in quella coincidenza, essere distinte. E allora, in quel momento, le due funzioni sono ‘biologia’ umana in grado, subito dopo, di differenziarsi di nuovo.”

Possibile che la ‘pulsione’ sia necessaria!?

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