un amore impossibile

Posted By claudiobadii on Gen 12, 2012 | 1 comment


il linguaggio si ha per sempre appena lo si ha – nessuno certifica l’acquisizione delle parole per tutto – della condizione nuova dopo l’assenza precedente – comunque poi si riuscirà col linguaggio acquisito a sciogliere il vincolo, la corrispondenza biunivoca tra parole e fatti – ‘cavalcano pesante i signori della libertà dalle lacrime sulla mia terra’ – devo valutare i valori – attribuirli con dei cartellini – designare in modi differenti tutte le volte – arrivare in profondità, se possibile – indicare i componenti linguistici mutati – grazie alla sensibilità – devo approfondire come si fa ad aumentare la sensibilità umana durante lo sviluppo di una professione di terapia – tenere presente l’identità necessaria – far notare che, bene o male, una identità è annidata persino nei paragrafi delle costituzioni dei paesi dopo le pacificazioni.

insomma devo lavorare nello stesso modo come si tiene presente l’esattezza delle proporzioni quando si misura una casa – devo pretendere di ‘spiaccicarmi ai corpi con le mani di crema’ – raccontare che ‘ho scoperto le donne col corpo addensato dalle scadenze dei ricatti di usura mese dopo mese’ – riferire con precisione ciò che esse dicono da molto vicino – che ‘parlare non è volere ragione‘ – quando riferiscono, perché io a mia volta ne riferisca, dei ‘signori dalla cavalcata pesante‘ – ‘le cui scorribande si possono deflettere mediante l’addensamento del fuoco‘ –  devo narrare come io provi ad aggiungere  ‘col ballare quando serve‘ – e di come loro mi rispondano ‘con l’intendersi quanto è reso indispensabile‘ – per correggermi, penso .

 il mio lavoro?: pulire la tastiera – poi via – non c’è la libertà nel senso di un enorme spazio di fronte agli occhi – semmai camminamenti – l’esattezza delle proporzioni nel misurare qualsiasi cosa – non è lavoro come si è sempre inteso – neppure arte – c’é di mezzo una terapia medica santo cielo – sensibilità – non trovo altra definizione – sensibilità e differenze tra le persone – quando c’è la sensibilità non c’è la libertà – bisogna designare e indicaresegnare e indicare – niente a che fare con i disegni di figure – il linguaggio si ha tutto appena lo si ha – come la sensibilità che è implacabile in quanto è muta come un brivido – il mio lavoro è dire: ‘l’interpretazione non è una metafora‘ – dire: ‘il pensiero del sogno non è una metafora‘ – dire: ‘il non cosciente non è una metafora‘ – dire: ‘metà della nostra esistenza non è una metafora della sua parte restante‘.

il mio lavoro: dire quello che si presume non possa essere detto – dire: ‘ciò che si riteneva indicibile può essere detto‘ – aggiungere: ‘però forse se non era mai stato detto può essere che davvero non avesse la propria esistenza‘ – poi ci sono i sogni – sono una grande parte del mio lavoro – suonano i sogni ‘…cavalcavano pesante i signori della libertà dalle lacrime…’ – i sogni affermano  ‘essi cavalcano sulla vallata e la spiaggia senza scendere senza arrestarsi’ – ‘compongono trottando i signori e cavalieri‘ – ‘essi gridano di scrivere un intero libro per i suoi occhi‘ – altri sogni dicono ‘ogni ragazza spiaccica la crema sulle dita’ – ‘si profuma la pelle’ – ‘poi via’ – ‘spiaccicati’ – ‘spalmati senza un millimetro di distanza’ – ‘senza spazio per una lacrima o un esitazione’ – il mio lavoro?: interpretare – interpretare in questo caso è rispondere: ‘il linguaggio si ha una volta per sempre’ – ‘non si perde mai’.

le donne con il corpo addensato dalle scadenze mensili dei ricatti di usura fanno figli senza il certificato di nascita – li tengono comunque appiccicati a sé per i primi anni – per sicurezza di non doversi pentire in seguito – fanno nascite in paesi senza anagrafe – con i figli appiccicati spiaccicati a sé per i primi anni la sensibilità sviluppa in modo inspiegabile – e l’anagrafe si scrive sui cocci dei vasi di fiori – la madre ha le dita affusolate nel buio della terra trai semi – la sensibilità registra quello che resta – poi quello che manca e fa il tè – il mio lavoro è di far conto di quello che resta e di quello che manca – di quanto ‘non si sarebbe pensato’ – le parole che denotano e circoscrivono le assenze – il sonno alla fine di quello che si vuole finire – io riesco a restare di fronte al buco nella terra – sognando l’albero sradicato e portato lontano – poi voltarsi – sparire.

ti ho lasciato accanto al letto la foto di ieri – la fotografia della luce delle due che, mi sono detto ieri, ‘ha fatto finire tutto‘ – appena l’ho vista era già tutto finito, ieri alle due – ho pensato ‘è come l’orgasmo che viene su‘ – le parole designano la realtà delle cose – le cose, per come siamo capaci di pensarle, sono differenti dalla loro realtà materiale – esse sono percepite grazie agli stimoli che salgono per le vie afferenti dagli organi di senso – poi vengono trasformate dalla sensibilità, appena sono percepite sulla corteccia cerebrale – ti ho lasciato accanto al letto la foto della luce di ieri – l’orgasmo – il pensiero venuto alla luce – io che vedevo lo scorcio che ti ho lasciato nella foto – la natura non cosciente di quanto avveniva – la sensibilità di quello che manca – rivolto alla natura bellissima della visione – con un brivido che nasceva da dentro, dal contenuto non cosciente della mente – io ho pensato che mancavi tu.

ho segnato in terra la spirale – ho lasciato intatta la natura non cosciente del pensiero mentre era tutto finito già alle due di ieri – per lasciare intatta la natura non cosciente del pensiero di ieri ho fatto una spirale – ho fatto la scala a chiocciola disegnata dagli architetti in amore – la scala a chiocciola da scendere nell’allattare – l’orgasmo della luce alla nascita – le donne con i ragazzini spiaccicati addosso perché ‘non si sa mai’ – per non avere pentimenti – il linguaggio che si ha intero appena lo si ha – ‘dev’essere la traccia delle poppate felici ‘ – penso – quando si vince l’oscurantismo: ‘io non sono mai stato amato‘ – e si scopre che ‘non è vero‘ – l’orgasmo sale ancora una volta – le dita sulla maniglia della porta – non c’è spazio per una lacrima – affermare cose sulla vallata e la spiaggia – poi via – senza smontare da cavallo – senza arrestarsi.

la natura non cosciente del pensiero porta l’attività cosciente del linguaggio verbale ad affermare che: ‘di fronte alla percezione della bellezza della natura, gli esseri umani sani non realizzano l’esistenza di dio, ma l’esistenza dell’altro essere umano’ – ‘implicita in un sentimento (notissimo ai più) di nostalgica mancanza’.

è la realtà del sogno ricorrente di un amore ‘impossibile’.

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1 Comment

  1. Complicato contrappunto. Non meno di una composizione di Bach o di un giro di boa alla 30° Copa del Rey. Emozione. Leggo e penso subito al logos al suo inequivocabile rapporto con il numero. L’uno non potrebbe esistere senza l’altro. Penso all’analogia, all’indagine nei campi della scienza meno noti e al procedimento compositivo realizzato attraverso la sostituzione di parti di parola. Alle linee melodiche tenute dalle varie voci di una composizione.
    Tramontana e ostro, libeccio e grecale, maestrale e scirocco, ponente e levante.
    Penso ai numeri irriducibili, agli algoritmi, al Qed e all’intelligenza che è tutto quello che ancora non è stato fatto.
    L’attività del pensiero sembra avere natura parallela. Il percorso creativo diventa un navigare a vista, scrutando in ogni direzione.
    Lavoro è numero primo Omega Riflessione della luce Sestante Coordinata azimutale Girobussola.
    Lavoro è quanto d’amore.

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