innovazioni

Posted By claudiobadii on Gen 31, 2012 | 0 comments


innovazioni

la costruzione di una casa si origina dalla posa di una prima pietra sull’ombra della prima persona che passi di là. si dice che implichi un ‘sacrificio’ la realizzazione dei ripari, delle terapie, dei vari delle navi. che un’ombra stabile resistente e pervasiva si fondi sul coraggio della strage dei simboli. una pietra sull’ombra del primo che traversa l’area destinata ad essere nostra in futuro, parola di uomo, non è il simbolismo specifico di una certa evenienza. semmai ‘racconta’ che tutto l’edificio del linguaggio costituisca un grande insediamento di ogni specie di simboli che si insinuano e si inscrivono nei volumi aerei del progetto di una ragnatela che sfrutta il vuoto per disegnarsi. l’unificazione è la trave di una rotta attraverso un cielo sgombro e -di fatto- l’astronave in permanente servizio di delegazione tra noi e i ricami d’aria condensata in forma di gelo sui capelli. parola d’uomo siamo giuramenti si può dire. e -in quanto tali- non possiamo in alcun modo essere definiti apparati simbolici: siamo davvero giuramenti, sputi di saliva disinfettante, aglio contro il vampiro: andatelo a chiedere ai nostri figli quante volte con una sola carezza scongiurammo malattie pestilenze contagi. e poi basta vedere: non siamo tutti uguali. non tutti siamo in grado di uguali cure e asepsi. figurarsi poi di giocare alle pietre rotolanti per discese, dune marine e mucchi di neve. nell’essere ciò che si dice che siamo sta una concreta ragione di nominare azioni rituali che sono leggende. l’unificazione di cose della mente e modi di correggere continuamente eccessi e carenze potrebbe essere l’uomo. ma quello che preme sempre è tenere viva la via sottocorticale e non privarci degli amori stabili: il mare e i ragazzini. quello che preme è che non è la natura che ha il potere delle lacrime bensì una pietra appoggiata dove mettesti il piede spremendo il nostro tempo. ma che dico! quello che preme è il tuo piede sul cuore mentre tu stai camminando verso noi. perché -non potendo pensare ad altro- vivere il ricordo di te è vitalità della presenza continua dell’immagine ed è per questo che non si rischia la scissione se c’è la vitalità. perché se c’è la vitalità può non esserci la coscienza e allora il pensiero non ha spazio (…ma neanche necessità, questo è il bello! ) per l’azione simbolica e il non cosciente diventa comportamento. se adesso non ascolti alcun suono è per via che l’immagine diventa segno. però per amore potresti prestarmi la tua voce e non sarò più muto tra le radici. il suono si è spento in mezzo alle coltivazioni dei segmenti della scrittura: quando scriviamo si compie la mietitura dei girasoli i semi vanno via e nella mente resta un campo di stecchi neri. l’olio si spreme altrove, eventualmente. bisogna avere un gran cuore, parola d’uomo, a scrivere di tutti questi campi di girasoli e di papaveri. letteralmente campi di olio e oppio. una miscela psichedelica e ci siamo noi in tutto questo tripudio di segni. nella massa della comunicazione si è riaperta la crepa serpeggiante e l’omogeneità è traballante e il futuro si insinua da fuori a dentro ma non è nostalgia né pentimento. veniamo avvertiti profeticamente dalla contro informazione ed abbiamo certezze non ancora passate attraverso le condivisioni. certezze individuali cioè quelle su cui poggia il senso di identità e l’ottimismo e la voglia di lottare. poi parliamo per definirle e parliamo fino a sera per strada. chi ricorda gli strilloni di oltreoceano ha un idea di noi quando parliamo per strada fino a sera e anche oltre, fino a notte inoltrata, come si dice. invece non siamo il ragazzo del latte da consegnare nelle bottiglie di vetro. non siamo filosofi cartesiani. non siamo accorti. non siamo cattolici previdenti. Invece sempre facciamo il bagno nel fiume e sempre ci svegliamo a mezzogiorno circa. per tenere viva la passione per il linguaggio. poi verrà la scrittura. ma prima il pensiero non cosciente diventa caffè, come dicevo all’inizio del blog. sempre diventa buongiorno. nei tempi dell’amore, nelle ore illusorie della relazione assoluta, diventa anche altro che però mi è difficile da dire. l’ispirazione era quando per cercare le cose indispensabili sfogliavo i libri d’arte. nella psichiatria non c’è tutto quanto si trova continuamente nei sogni delle persone che arrivano. tutto quello che sogneremo è come quello che arriverà da fuori, dalla massa di mezzi di comunicazione di massa ed è proprio vero che si è riaperta ancora la crepa serpeggiante che si era tentato di suturare  con la teoria dell’inconscio malato e maledetto e la coscienza a fare da unico presidio sul deserto dei tartari: minaccioso col proprio costante rumoreggiare di presagi. oggigiorno l’omogeneità è traballante e il futuro si insinua da fuori a dentro, ma non è nostalgia né pentimento. per qualcuno è crisi di panico. per altri speranza e imperfezione di una asimmetria dei seni della madre, quasi sempre differenti per la differente affluenza di latte: che comunque piena tutto quel mondo di calore e profumo appena dietro la pelle stirata lucente e sottile. (si contavano con le dita le vene azzurre.) ora qualcuno si è ammalato e conta tutto il tempo e il danaro ossessivamente e controlla il flusso dell’amore e resta fermo. l’innovazione nella psichiatria si fa strada dalla ricerca. misuro le proporzioni del tuo viso con il metro del sarto: la striscia numerata con tutte quelle cifre è una scala di perfezioni addosso a te. Penso che debba essere il mondo delle figure a contenere l’innovazione. a contenere tutto quanto si poteva pensare. penso che adesso poso affermare che il pensiero è anche un auspicio, la frase

 “so di trovare”

questo sapere potrebbe essere la guarigione dal ricatto del terrore di morire di fame e di freddo. ma non corrisponde ad una notizia a proposito dei ‘future’ sul mercato del petrolio e delle materie prime. il rame e il litio e il manganese sei tu. è quella storica scoperta da recitare di nuovo. non starò a dirti. la psichiatria ufficiale non contiene l’innovazione. cercavo nei libri delle polaroid. intanto il tempo passava, ed era sera sempre più presto. questo accadeva perché, anche solo consultando le pagine di un solo libro di quelle raccolte fotografiche, anche solo così, la disperazione di non avere il tempo per concludere mai più alcuna ricerca, era fondata. allora avevo capito che si poteva (che si può) soltanto non smettere mai. finisce che l’unica cosa che so pensare con certezza è questa frase

“sta nella vitalità alla nascita una possibilità di resistere” (qualsiasi cosa voglia dire vitalità è la speranza di pensare diversamente da sempre.)

io, per me, mi chiedo cose differenti.

“come farò mai a lasciare che la stanza vuota, piena di luce, arrivi fino a te?” e anche  ” è interpretazione il mio assetto di cedere qualsiasi contenuto, e pensiero, quando tu ti senti amata? è grazie alla fine della mia resistenza e della mia opposizione che le cose tra noi vanno un po’ meglio ultimamente?

[banner type=”images” align=”aligncenter” background=”2E2E2E” text=”A1A1A1″]

[banner network=”altervista” size=”468X60″]

Submit a Comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.