varia natura

Posted By claudiobadii on Mag 31, 2014 | 3 comments


"PRIMO POSTO ALLA GARA DEI CASTELLI PRIMITIVI" copyright: claudiobadii

“PRIMO POSTO ALLA GARA DEI CASTELLI PRIMITIVI”
copyright: claudiobadii

Quando avanza il tempo ci mettiamo a studiare il fenomeno insito nel salire le scale. Estendendolo a un poco prima, alle sigarette e le risate degli ultimi dieci minuti, prima del nostro incontro settimanale, il lavoro di chiarimento sui termini scientifici necessari per dire le idee che non hanno figura.

Le attese al fondo delle scale, e poi il salire, sono di per loro un fare creativo. Costruire la forma della relazione. Come fare l’uomo e la donna. Fare statue con le proprie mani secondo la propria visione. Il pensiero come un vaso cresce e si arrotonda girando rapidamente. Le gambe sugli scalini spingono il tornio ritmicamente. Le mani strisciano sulla ringhiera di ferro battuto, raccolgono l’attrito, modellando il blocco ambrato di terra d’alluminio: restituiscono il calore alla figura. Fanno il ‘prodotto’ della creatività umana. Durante l’azione della costruzione tutto cambia continuamente, sotto le spinte di successive intuizioni del pensiero. Nella favola sarebbe il sortilegio di un genio che crea agglomerati di città sulla piattaforma espansiva del cosmo.

Gli scorpioni di un tempo (i pensieri non coscienti che venivano su come racconti di azioni oniriche distorte e malsane) si diffondono e si moltiplicano sulla testa e le spalle di un uomo, riducendosi di dimensione e di pericolosità, proporzionalmente all’incremento della popolazione di storie di cui sono costituiti. Alla fine sono così piccoli da essere del tutto innocui.

Il tempo delle sedute ripetute ha moltiplicato e frammentato i significati una volta grossolanamente evidenti. Riproposti in quel modo iniziale non se ne sentono quasi più da un decennio. Come se la malattia non sapesse più ripresentarsi nelle forme di allora. Quando era silenzio dell’omertà, ricatto minaccioso, delinquenza evidente, persino, a volte, clinica del delirio: da manuale. Forse trenta anni di proposizione del setting nel bel mezzo della realtà sociale hanno avuto l’effetto di cambiare la percezione della cura, la fisionomia dello ‘psichiatra’.

Ridotta l’identificazione proiettiva dei peggiori pensieri, ora anche il rischio viene temuto assai meno. Parallelamente i sogni non sono più esclusivamente ‘storie’. Sono diventati istantanee, idee di sintesi, suggerimenti e mi viene l’idea che siano proprio i sogni -in questo modo di grani di polvere e di pixel di schermi ad alta risoluzione- ad essere stati sognati ieri.

Nel sentir raccontare ho realizzato nella mente il pulviscolo di punti, lo sciame di particelle di grafite delle matite nello sfumato del disegno. Mi sono immaginato lo strano attrattore che sottende al fenomeno fisico caotico della psicoterapia che dura nei gruppi dal 1985, ottobre. Ci sono voluti trenta anni a creare la figura dello sciame da quelle iniziali raffigurazioni di grossolane figure.

Se fosse così potrei dire che “La storia della cura fa la cura”.

Le equazioni che esprimono il modo e il ritmo delle variazioni delle forme del sogno, riproposte nelle curve corrispondenti su piani cartesiani ammucchiati paralleli come nuvole nel cielo del pensiero, disegnano cose sconosciute. Sono idee staminali che non derivano da alcun oggetto visto o sentito o sfiorato fuori di noi. Gli immediati riflessi sulla superficie convessa di gocce di tempo al centro delle quali si intravede qualcosa che continuamente accade. Sfuggente è quanto viene riportato alla esistenza primaria sulla soglia del proprio inizio.

A quegli interruttori la psicoterapia riporta gli assetti neurobiologici, sfruttando le qualità sensibili del pensiero umano. Mentre nel tempo cambia la visione del mondo si realizzano e si rafforzano plausibilità e legittimità della cura.

Trent’anni fa figure ammalianti popolavano i sogni con enfasi. Ora ho due sostantivi, realtà e materia. Sono metafisica e biologia che si contendono la signoria sui latifondi del discorso scientifico sulla attività mentale. Ma interviene un altro pensiero, una parola più antica. Il modo primitivo di raccogliere tutte le cose: “Il termine “fisica” deriva dal neutro plurale latino physica, a sua volta derivante dal greco τὰ φυσικά [tà physiká], ovvero “le cose naturali” e da φύσις [physis], “natura”.

A tutt’oggi nessuno ancora sa perché da trenta anni mai, neanche una vota, sia scattato l’accordo inconscio di far fallire, con l’assenza di tutti, la ricerca psichica che si svolge uno e due giorni di ogni settimana per circa due ore.  Quarantasei settimane ogni anno. Penso che per cercare di comprendere il fenomeno in questione la antica dizione di ‘fisica’ non sia più sufficiente. La realizzazione della continuità irrazionale di quasi trenta anni di lavoro è natura umana. Dovremo indagare sulla speciale costituzione fisica di questa specifica ‘natura’.

Non devo conservare l’illusione su un’unica natura di tutte le cose. La natura della natura di tutte le cose esistenti può e forse deve essere pensata differente se si tratta di realtà umana, di realtà animale e di realtà non umana e non animale.

“Amor che move il sole e l’altre stelle”

3 Comments

  1. Grafite. Viene chiamata anche “mica dei pittori”, sia per il suo aspetto lamellare, sia per la caratteristica di lasciare tracce su carta, il suo nome deriva dal greco γράφω (grafo), io scrivo.
    Quel pulviscolo di punti che resta addosso. Mi viene in mente l’infinita sfumatura del suono della voce, e tutti i disegni del movimento delle mani. Istante infinito se poi lo sguardo si posa sulla curvatura del gomito. Rimandi di un certo stare, ‘ore disperse ma non scordate’.

  2. bellissimo e sorrido.
    .. ‘vedo e conosco’..
    architettura d’orma e ombra.

    bravi!! 🙂

  3. Ho salito quelle scale per un anno. Per scoprire poi che forse era proprio il mio “primo anno”mancante di vita (per citare la Scoperta). Non so. Ho fatto una grande fatica, non riuscivo a fare neanche due chiacchere sugli scalini. Ma aspettavo con gioia la Castellana affacciata e poi con grande energia (quasi sempre per ultimo) salivo tutti i gradini. Mi son sempre pulito le scarpe sullo zerbino. Lo faccio sempre quando entro in casa altrui. Ho sempre provato a partecipare attivamente, a volte non capivo, ma provavo a capire. Capivo che comunque era sano partecipare, condividere, ascoltare, guardarsi. Poi, impastato con tutto il resto della realtà quotidiana, ho dovuto allontanarmi. Ma non perchè mi ritengo guarito, ma solo perchè la mia malattia si amplifica nelle situazioni umane, dove si concentrano (fino ad una compressione, per me insostenibile) dinamiche di linguaggi e comunicazione, storie e racconti che poi non riesco a gestire bene. E’ stato difficile, ma ho sempre avuto la certezza di aver interrotto la Ricerca e non il Rapporto. Quelle cose materiali che ho fortemente lasciato nella Stanza, sono un chiaro feticcio d’amore (anche se questo non mi giustifica). Ora sono in pasto all’amore ed alla vita che divido con la mia compagna. Cerco di curarmi, provando a mantenere con lei, un rapporto decente e dignitoso. Da quasi un anno combattiamo contro la Biologia che ostacola il nostro voler essere genitori. Qui lo posso dire, mi sento protetto e non c’è nulla di male. Chiedo scusa se ho usato il blog come un diario, mia debolezza e mio bisogno. Quindi sembra che (almeno per me) sia evidente ed importante questa scansione temporale. Un anno ed un altro ancora….

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