viene in mente

Posted By claudiobadii on Mar 13, 2011 | 1 comment


viene alla mente

Viene alla mente il mare di spiaggia e di promontorio. La ritrosia e il non sapere come si diventa un grand’uomo. Assenze e intermediazioni fanno la vita. Come il canto a squarciagola e la altrui malinconia. La prima volta del cinema.

Da dove vengono le cose che vengono alla mente coinvolgendoci interamente? Ma proprio ad aspettare e’ evidente il lavorio dei nidi di cellule interconnesse, l’epilessia della generazione delle rappresentazioni all’improvviso. Che tra noi e l’ammalarsi e irreversibilmente guarire c’è una deviazione di pochi gradi.

La massa ha misure critiche, oltre le quali gli ordini di grandezza della potenza cambiano in ‘altri’. Come una proteina che genera una gemella speculare piena di passione. Siamo il risultato costantemente variabile di una elevazione a potenza. Un polpastrello alla tempia cambia di qualche unità gli esponenti e noi improvvisamente non siamo più ‘quelli’.

Capita sempre ascoltare mentre la corriera non sbuca ancora dalla curva. La solitudine -se pare una corriera e un convoglio, o un treno comunque – e’ per la libertà. Il disordine insinuante e rigoroso del tavolo dei cartografi. Porzioni di terre e mari tenuti fermi da conchiglie. Pietre deserti mare macchie colori dizionari compassi cacciaviti microscopio la mente stessa del disegnatore l’assenza di qualsiasi incertezza per via della punta acuminata di spade e dei pennini d’oro e acciaio.

La restituzione si avvicina. La poesia  che il pensiero sia letteratura e poesia. La matematica di molti oggetti necessari, del giorno e della notte, dell’alimentazione elettrica di case e ferrovie. Ho l’idea  della linea che stabilisce il fuori di me: ho l’immagine di te e che fai il mondo. Di me che costruisco un ponte. Che trascorro tutto il tempo con le mani bianche di calce.

Da un po’ ho la coazione a chiedermi la relazione tra il movimento e il pensiero. L’azione delle mani sotto gli occhi di tutti. E me stesso incontrattabile ed irriducibile assenza di un evidenza qualsiasi. La fermezza dell’immagine nell’azione dell’iniziativa e nelle partenze. La quiete del sonno: al risveglio si contano tutti i sogni tutte le tracce del pensiero che non si era fermato neanche un secondo.

1 Comment

  1. Spesso, con gli esseri umani, buoni e cattivi, i miei sensi semplicemente si staccano, si stancano: lascio perdere.

    Sono educato. Faccio segno di si. Fingo di capire, perché non voglio ferire nessuno. Questa è la debolezza che mi ha procurato più guai. Cercando di essere gentile con gli altri spesso mi ritrovo con l’anima a fettucce, ridotta ad una specie di piatto di tagliatelle spirituali. Non importa. Il mio cervello si chiude. Ascolto. Rispondo. E sono troppo ottusi per rendersi conto che io non ci sono.
    Musica per organi caldi (Hot Water Music, 1983)
    Charles Bukowski

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