Posts Tagged "donna"


il filtro evenescente e le biomasse

Il filtro evanescente della piccola fotocamera determina riproduzioni illusorie. L`alterazione della realta` esterna fa la figura dell´immagine mentale. Ho la foto di qualcosa che non raffigura alcuna realta`corrispondente nel mondo esterno. La mente agisce sulle cose e crea quello che non c`e`.

La ricerca e` la scoperta dei mezzi indispensabili di azione e movimento nel mondo cosi`si genera continuamente. All´opposizione verso l`idea di un io che media tra l´es e il mondo esterno, il pensiero attuale e´ un canto rivoluzionario che corre sull´asfalto d´argento, tra campi di mais e pale eoliche. La creazione continua dell´io costruisce questa terra in espansione.

Nel rapporto con le rigogliose spighe le mani affondano tra i semi – da sfarinare per il pane – nella percrezione delle figure di due ragazzi che si confondono con il colore del baldacchino arancio chiaro e violetto del campo infinito di granturco. Le poche parole e le esclamazioni ammiccanti, e ogni accoglienza riuscita sono fasi di un parto in questa nazione che si e` trasformata in una sala di ostetricia.

Il mondo umano ha mani potenti nelle smorfie fonetiche, negli sforzi incomprensibili quasi sempre che ci rivolgiamo a vicenda con questi indigeni alti e chiarissimi. Si nasce dunque tra spigoli di panno e grugniti di comprensive simpatie, e abbiamo facce perplesse nuove: la bellezza dei volti non ha parametri d´arte nota.

La natura umana dei rapporti tra gli elementi della figura non ha i gradienti della ricchezza e del potere. In questo paese, tutto gia` orientato alle energie alternative, noi, provenienti da un sotto-proletariato dello sviluppo non sostenibile, siamo biomasse sode in costante discussione. Qui la bellezza e` calore, la passione sta nel fuoco muto al fondo della caldaia.

E tuttavia io posseggo la fortuna della natura mia e negli occhi la stanchezza brucia via quando lo sguardo, che seguiva i profili della antica casa del poeta, cade giu` al richiamo di un nome: l´io fa il saltimbanco e il pagliaccio che cade ma mai piu` in ginocchio. Cade poi non muore piu`.

La nascita ha possibilita` di portare gli inermi fino alla stazione eretta. I muti al linguaggio articolato. La ricerca curando ricrea il pensiero: e` generazione continua di senso sotto forma di durate di affetti senza alcun vantaggio. Il ragazzino sbuca fuori dall`arancuio e il violetto delle nuvole dei giganti.

Gli amici che ci hanno spogliati e messi a dormire portano cornetti e caffe`: sono i corni del dilemma solito, amare o non amare? Ricomporre il candore del lenzuolo sui genitali o sorridere lasciando cadere gli ultimi pudori dal corpo bianco dell`ignoranza per la gratitudine che siamo `uguali` ?

La speranza e` la certezza della rivoluzione in un mondo dove il gotico delle cattedrali risplende addosso a donne che sono campanili bruni di bellezza. Penso alla follia del desiderio nella mente dell´uomo che esercita l`arte medica: invece di fuggire cerchero` dunque la mia identita` nella passione dello sguardo.

Posato sulla figura femminile gia` sparita mi costringe all`idea dell`ombra sul muro. Ma non sara` solo interesse erudito per la storia: è anche una profonda tristezza per la bellezza scomparsa appena adesso. E` noto a chi si occupi dei modi della  vita umana la nascita ha possibilita`:

di portare il pensiero all`azione sociale. La ricerca ha da tempo trovato che l`immagine e` lavoro di generare continuamente senso sotto forma di tempi variabili e durate differenti. La riflessione sulla vita intera e` la mano che adesso stringe il lembo di uno straccio di storia.

Cure e scoperte scientifiche scivolano via di fronte alla potenza di aver creato una lontananza con lo strapotere dei denari per il cibo e la benzina indispensabili al viaggio. La scieza politica si e` innestata nella cattedrale svettante dell`amore: dato per scontato da quasi tutti. Ma c`erano guglie salvate oltre il letto imperiale delle nuvole.

Ho teso quassu` il cavo di acciaio, ho fondato il regno del ghiaccio nel cielo che guarda il nord  Con i piedi forti di acciaio sulle corde della traversata. Tengo la nudita` sulla porta come un insulto in `volgare` che dura un momento soltanto e sparisce: come la follia del piacere. Nella mente la percezione cosciente.

Di un corpo bellissimo di donna che ha consentito la distrazione dalla ricerca sulla genesi ignota del desiderio per l`immagine interna. E allora forse la sanita` torna solo nella frase che non e` proprio pensiero verbale cosciente. Perche` e` suono che nell`amore dell`orgasmo perde il suo preciso significato.

Le parole possono essere un canto rivoluzionario nel campo di granturco al centro di una cultura morente.

“HASTA SIEMPRE !”

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settembre 2011


Posted By on Set 3, 2011

settembre 2011

Il vestito nero copre bene la donna. La voce racconta: – “Nella necessità della messa a fuoco dei tuoi molteplici promontori di passione mi consumi gli occhi.” Discorre con il suo amante: – “Nella difficoltà della conoscenza di te il mio cuore ha poi preso la forma di mani.”

Le voci svelano gli affetti creando una figura a sbalzo: – “Siamo ancora una volta transitoriamente incapaci a cambiare le cose… – Insieme vediamo che questo presente è una figura in pezzi….” Sotto l’arco della porta di mura rinascimentali si crea l’apparizione. Il pensiero vive di queste immagini apparse.

La donna avanza ancora coperta di stracci che ne vestono bene la bellezza. La voce scolpisce con le intonazioni affettive: – “Solo la storia di qualche rara ricerca fa l’ immagine del pensiero come tempo inesteso non più a disposizione del dittatore di turno.”

Cantando a mezza voce: – “…. ti auguro la qualità di saper stare solo e la sorte di non averne mai la necessità di essere sempre circondato di dignitose figure di stare tra i migliori e le migliori che possono trovarsi sulla costa frastagliata e nelle conche palustri verde smeraldo dell’interno del continente…”

E l’aria sussurrata su una corda: – “….. ti auguro di avere accanto così tanto frequente bellezza da considerarla una normale forma di compagnia però senza perdere mai il senso del faticoso impegno per mantenertela sempre vicina …”

Una donna vestita di stracci ed il suo amante dicono: – “…. siamo nel calderone di un mondo cubista frammentato in figure di poveri in battaglia, sanguinanti, soccombenti, ognuno a suo modo, nella sua stamberga raffazzonata….”

Sotto l’arco rinascimentale di una antica porta delle mura gli stracci neri vestono accuratamente la bellezza di una donna alternandosi e oscillando ad ogni passo. Avanzando discorre animatamente con un uomo. La sua voce piena di spinte affettive complesse e diverse crea una figura a sbalzo…..

Molto è stato l’imbarazzo nel chiedermi – adesso che tutto ricomincia – come potrò fare a restare aperto alla meraviglia della gioia e della intelligenza altrui. A restarlo oltre la mia invidia che crescerà con il tempo mentre si incrementa la sensibilità all’immagine.

Il pensiero è tempo inesteso non più a disposizione del dittatore interno.

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quattro minuti scena risolutiva


Posted By on Lug 24, 2011

Hannah Hersprung nel film "Quattro Minuti" di Chris Kraus

quattro minuti scena risolutiva

( primo sogno ): Si nasce con incerta figura la nostra miseria è non poter risolvere quelle linee incerte perché escluderemmo la nostra nascita. Tra l’eccesso di luce e l’amore per il buio del fondo vibrano i corpi di balena. I mammiferi acquatici che non possono mai dormire fino all’arresto del corpo nell’immobilità sarà che allora sognano continuamente e non avendo intero mai il sonno sarà che non abbiano mai intera la veglia: forse hanno una veglia differente e adatta all’acqua. Siamo forse noi dico al risveglio dal sogno quelle vibranti montagne oceaniche nella condizione fluida e precipitosa che immagino. Nel sonno è la fluidità della biologia pulsante nel fondo scuro della materia non ispirata dalla grazia del ricordo nè dalla provvidenza delle figure. Il risveglio è il lusso d’altre funzioni appena superiori che realizzano il sogno.  E consente le parole. Le parole – vale a dire l’uomo oltre la propria notte – una creazione. Tu io noi: siamo l’uomo di stamattina alle persiane. L’uomo tu io: siamo i fatti accaduti come vengono alla mente. I fatti come vengono alla mente sono sempre ‘altri’ da quello che sono. E ‘altri’ sono subito dopo alla voce dei Narratori. I Narratori dei Fatti aumentano la loro importanza in fondo si può verificare che essi siano – a loro volta – Geometri della Segreteria al Ministero di Archeologia e Geologia che tracciano i progetti dei passaggi segreti alle piramidi. Nei disegni loro noi tutti siamo notizie alla voce: viventi della specie privilegiata gridati all’incrocio dei grattacieli dallo Strillone di Corte. Donne e uomini quotidiani, creazioni definitive ognuna a suo modo. Da raccontare. Finestre. Sferraglianti binari grigi e lucidi appena completati. Svegli con gli occhi spalancati e piangenti. Pronti per cominciare. Vibranti montagne di carne marina mai del tutto immobili nel sonno siamo coscienze illanguidite. Siamo coppie liquide. Tutto oramai abbiamo assimilato di canzoni e madrigali in disaccordo. Che il vero è ‘altro’ dalla storia.

Siamo altro da noi nello sforzo di essere io la tua fronte tu il davanzale per il tuffo nell’aria della piazza profumata di arance. A Taormina.

( secondo sogno ): L’uomo gli capita di potersi costruire la notte per il sonno con la calcina o le foglie. L’uomo. La sua compagna – dell’uomo – che è l’altra metà del cielo quella buona è la donna. La donna: campagna seminata a girasoli grano e papaveri e la metà buona del cielo accetta – torcendo da millenni il collo come un cigno malato di strabismo – il patto con i maschi. Accetta. Dice brevi cose. Non è d’accordo. Sa farlo di non essere d’accordo senza ‘non essere’ e senza fare il ‘non essere’ dell’altro. Sebbene la donna – sussurrano le ricerche di base – voglia farsi ancora più esatta. Somigliante ad una idea di sè che va portando sulle spalle subito svoltata la caverna. Attende il tempo di farsi. Ne vedremo delle belle noialtri ragazzi. Comunque questi due – maschio e cigno – creano. Di malavoglia – tuttavia inventano la grazia dei gesti. La carezza della mano sulla roccia serve ad evitare i danni maggiori le ferite mortali l’imprecisione che distrugge l’idea di un equilibrista sul filo del pensiero. Si veda Cyrano si veda si ascolti quando si lamenta troneggiando sopra la media della comune abitudine del discorso corrente. Intendo questo quando mi viene in mente che questi due – maschio e cigno – creano. Di malavoglia i fili di luce nei quadri e l’idea di lesione incisione cura chirurgia legatura fortissimo espressione musica intervallo tempo stanotte il giorno che viene.

Creano la propria specie creativa.

( terzo sogno ): Non d’amore è il suono che piuttosto è fisica. Raccontano i sogni che non sono per gente sentimentale. I sogni sono le parole che raccontano i sogni. Le parole che raccontano i sogni sono la fisica dei suoni della nostra voce. Nella nostra voce si incarna l’io narrante sempre. I ladri al mattino acchiappano la luce per tirarsi fuori dalla grotta: hanno mani piuttosto svelte come serve all’impunità dei furti nel mercato rionale della capitale. Il sogno dice dei furti perdonati, dei regali agli incroci, delle stelle aggruppate nel mito. Il mito è la falsa credenza che la mente origli sempre le stesse parole. Ci sono parole speciali che non dicono le cose ma le figurine sottili dei nostri incontri. Tu io la vita suoniamo alla porta del circo. Svoltiamo insieme. Vieni. I pronomi sono oppio e ‘tu’ ed ‘io’ e ‘noi’: quello è parlare! Le cattedrali possono pure crollare: i pronomi dureranno perché sono fatti di sabbia. La sabbia è quando tutto è crollato è rimasto a pezzi è digerito dal sole e genera nella sabbia la meridiana delle particelle fonetiche che dicono l’idea della persona senza la necessità di un volto da seguire. Nello stesso modo nella materia di acqua e polvere e terra sotto gli alberi sotto i monsoni si genera la grammatica del soggetto. Il suono è fisica tu io noi fatti di sabbia sono per gente niente affatto sentimentale ora si capisce. L’amore è per scegliere. Il sonno per la conoscenza. Il sentimento crede di doversi continuamente accordare e fa la geometria. L’affetto diverge determinando le condizione per le forme matematiche e le immagini dei numeri.

I pronomi sono la musica. La musica è l’oggetto della ricerca. Non ne è il fine ultimo. Però non si può evitare. Nella relativa linearità di una coerenza emotiva il suono si incontra subito prima della vittoria. Esattamente alle foci del fiume delle risoluzioni provvisorie ma trionfanti. Transitoria prigionia del genio. qui.

 

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la maturità di una persona nel rosso di una festa

Se devo trovare sarà sulla linea: non penso agli spazi. La linea è luogo di immaginazione dei limiti dello sguardo è anche alla conclusione della misura delle braccia dei bambini a mosca cieca brancolanti e ridenti. Scrivere letteratura non importa, quasi mai. Tracciare linee interrotte storte arricciate riprese ricomposte sganciate e messe in altre batterie e convogli tutto questo darsi da fare tra mano e immagine prima che la coscienza piova: conta questo. Scrivendo certificare la dizione muta, la discrezione indispensabile a rompere, forse, il silenzio con la lettura. Il deserto dei tartari contiene eserciti di onde luminose  lo sguardo occidentale perde la profondità. Il tempo si impone come misura dominante del pensiero e rompe i patti con le prevedibili attese. Il tempo nello sguardo è provvidenza e prospettiva ( soltanto ). La luce diffusa attorno è tumulto creativo persino presenza umana. Persino autorità di noi e diritto. Ci sono ombre e, addirittura, società di esseri somiglianti nelle parole, nei tratti della scrittura ci sono i tratti dei volti, delle pose indimenticabili e le sculture: tutte le sculture che verranno. L’esercito dei guerrieri di pietra a guardia dell’imperatore non è che tutta la luce che non si offre allo sguardo ma all’avanzata del pensiero e del mare dell’immaginazione da subito e senza altro. La guarnigione sul deserto è improbabile. È/sono cocci d’uomo sabbia e sole. I tartari il futuro di luce e desiderio. Se devo trovare non c’è che quel posto dove riposare sulle gambe  contare dormire ripararmi dal sole la luminosità ha altre idee è rivoluzione della relatività e la donna sognata ha il volto di un genio una mattina presto del 1905. L’anno mirabile del mondo occidentale crollo delle fortezze rinascimentali. Neanche il genio umanista avrebbe superato l’esame. La medicina deve capire la trasformazione della vitalità che fa umana la biologia del feto e consente la nascita come realtà dell’io alla nascita. La medicina deve riconoscere la linea del disegno delle differenti scritture che fondano e sostengono i regni nelle favole e separano le funzioni nelle narrazioni diagnostiche. Noi si sa che si rimane a lungo nelle fortezze teoriche costruite di frasi: si resta per la durata del regno di uno ma talvolta per la durata di una dinastia. La fedeltà scientifica è quella dei soldati. La musica nelle feste per il premio Nobel ha a che fare con l’orgogliosa intonazione delle marce militari. La rivoluzione scientifica ha il jazz che improvvisamente irrompe dappertutto con le sue infrazioni. L’improvvisazione ha l’idea di donne uomini foreste spiaggie sottoscala per la preparazione della rivoluzione: sessioni al piano e alla batteria, lune fumo, ombre, sabbie, cocci, la nave spaziale, i gemelli in migrazione sulle astronavi, i destini differenti secondo la velocità e l’intelligenza.

Un essere umano è pronto a tutto, nella sua maturità. L’ingiustizia. La realtà somatica. La dittatura estetica.

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ossidi al sole


Posted By on Apr 2, 2011

ossidi al sole

La terra come una ferita o addirittura una lama nera di ossidi al sole, un’arma. Il campo di storie precipitate tutte a terra – improvvisamente – dai rami d’albero. Le bocche fameliche. La guerra delle fibre dolci e il furto ai signori. Ma i signori sono i padri e i fratelli maggiori. Noi siano tutti giorno e pomeriggio senza ombra di ragazza. Siamo quasi solo linee scure sghembe e sgraziate come schiene di minatori e di reduci. Ci si azzarda ad ogni proposta, senza criterio. “Non fa nulla” è una promessa. Le corde da aquiloni hanno una tale tenuta sui lenzuoli che si riesce a supporre l’inverosimile. I pensieri nascono all’ombra delle tende. Siamo tutti venuti al mondo così. Nella tenda ci siamo nati. E tutti siamo al sole insieme. È prima dell’invenzione dell’anima, della coscienza, della colpevolezza, del principio di causa. Si misura tutto in linee d’aria così non si cade e così il pianto non viene. Comunque tirare su le lacrime una per una come ciliegie. Le scarpe restano biblioteche d’amore immutabili nel tempo alte sopra le caviglie veri e propri cani da guardia pronti a quasi tutto. Quasi nere e davanti rovesciate verso il nostro muso, abbronzato estate-e-inverno, fanno amicizie robuste. E salde proporzionalmente all’indolenza dei soggetti.

L’indolenza è una forza e solamente i paurosi prendono decisioni. Quella terra di ossidi a forma di ferita e di arma da taglio crea le condizioni. Il pensiero è insistenza. Il tempo dei reduci torna e il pensiero – di questi tempi – è una donna violentata nel deserto. Sarebbe meglio non fare di tali denunce tirare su le lacrime con il naso una ad una. Come stabilito del resto. Il pensiero. Scarpe da disertore, bello proporzionalmente all’indolenza che non si fa prendere dalla musica fragorosa della propaganda. Un triangolo irregolare disteso a terra, nero, con linee nette taglienti, tanto che vi si possono apprendere -per evidente analogia – i caratteri comuni alle idee di: attaccamento, adesione, tribù, sonata, travolgimento, ideale, amarezza, sapore, e addio-per-sempre. Un triangolo nero irregolare di contorni nettissimi. Una donna violentata che si trascina sul margine del deserto ferita: essa spaventa i carcerieri gli aguzzini e i guardiani dei gulag. Come fosse ammissibile senza suscitare perplessità che:

” …il pensiero è la capacità di riconoscere l’assenza di pensiero…”

Comunque il grande triangolo di ossidi, quella incredibile precisione stesa a terra come niente fosse, è l’insignificanza cui tendiamo da qui. Il deserto sotto la stravagante costellazione di variabili del suo ecosistema – imbastisce notti di luna di miele cosicché restiamo sposati alla corretta immagine di noi. Anagraficamente siamo un popolo relativamente giovane di elfi meridionali, in moltiplicazione costante. Camminiamo – e pensiamo! – come una genìa antifilosofica. Siamo una carboneria di sfaccendati, senza il dono della nazionalità. Siamo intenti a seguire la punta delle nostre dita, là, in fondo alle braccia distese, in una vita che ci trascende. Durante l’ultimo atto della creazione siamo delfini, e nuotiamo dentro il tempo, in una eterna crisi di sonnambulismo. Non sempre ci riesce di pensare che la passione è amore. Siamo fatti anche di dolorose complicazioni. Abbiamo gravi incidenti con l’aeroplano. Soffochiamo e versiamo sangue. Versioni non salvifiche del mondo ci appaiono aventi diritto, e talvolta niente rende meglio l’idea della intelligenza, della costanza, della lotta faticosa contro la saggezza pre-senile  contro  l’erudizione e contro la sensata prudenza. Siamo docili quando il sonno, la recitazione, il desiderio, la seduzione e l’illuminazione ci prendono nel mezzo delle traversate. Nell’atto di scalare la terra nera ferita dichiariamo le qualità di una nuova condizione di esistenza:

.. l’incanto e la realtà dei pensieri è il pensiero di noi ..

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